L’Argante 171 – #2 Rock e Misticismo: Popol Vuh – Hosianna Mantra

Agli inizi degli anni ’70 in Germania prendeva piede una nuova corrente di musica elettronica, poi definita  kosmische musik. Questo Movimento musicale, i cui maggiori esponenti furono i Tangerine Dream, i Kraftwerk e Klaus Schulze, era animato da una comune volontà avanguardista e si caratterizzava per l’utilizzo prevalente del Moog, il prototipo dei sintetizzatori elettronici, e di atmosfere oniriche e celestiali.  In questo panorama i Popol Vuh, una delle band fondamentali del rock tedesco, spesso inseriti nella corrente musicale della musica cosmica, sceglievano però di percorrere una strada peculiare, un rock religioso ed esotico, più sensibile ai richiami mistici, anticipando in qualche modo di diversi anni la stagione della New Age, . 

I Popul Vuh

I Popol Vuh si formano a Monaco nel 1970 grazie a Florian Fricke, ex-critico e regista cinematografico. La formazione originaria prevede, insieme a Fricke (tastiere), Frank Fiedler (sintetizzatore) e Holger Trulzsch (percussioni). Il nome Popol Vuh è tratto dal Libro dei morti degli antichi Maya. La loro musica ha come riferimento la sacralità antica, lo studio dei testi sacri di diverse religioni; la loro musica è un rock quasi metafisico, fatto di suoni e accordi eterei e celestiali, un tentativo di unire sacro e profano, antichità e modernità nella convinzione che la loro musica potesse avere quasi un effetto “terapeutico” agendo in modo benefico sulla psiche umana.  

I primi album

L’album di esordio Affenstunde (1970) è un disco ancora acerbo, che passa quasi inosservato. 

Il loro secondo lavoro In Der Garten Pharaos, (1972) offre elementi classicheggianti ed elettronici con atmosfere ambient, dove prevale l’utilizzo di strumenti acustici ed etnici (percussioni, chitarre, oboe, tamboura indiana).

Nel 1972 Fricke mette insieme una nuova ensemble di musicisti: Djong Yun, una cantante soprano coreana, Conny Veit (chiarrista del gruppo Amon Düül II ), Klaus Wiese (tamboura), Robert Eliscu (oboe) e Fritz Sonnleitner (violino) provenienti dall’accademia filarmonica di Berlino. 
Da questo ensemble nasce Hosianna Mantra, il capolavoro dei Popol Vuh. 

Hosianna Mantra

Hosianna e Mantra sono due parole che rappresentano due religioni distanti tra loro, cristianesimo ed induismo accomunate tra loro nel disco dal tentativo di fondere queste due tradizioni in un flusso sonoro che riscopre l’antico e si proietta verso il futuro. L’elettronica viene messa da parte perché ritenuta poco adatta a questo ambizioso progetto musicale e vengono privilegiati arrangiamenti apparentemente semplici con strumenti classici “colti” come pianoforte, oboe, violino, clavicembalo, affiancati a strumenti etnici come la tamboura (uno strumento a corde indiano che produce suoni di bordone). Non manca però anche la chitarra elettrica, non più utilizzata per assoli rock e suoni distorti ma per produrre atmosfere oniriche e metafisiche.

Il disco è composto da 8 brani e si divide in due parti: la prima, che comprende i brani del lato 1, prende il nome di Hosianna Mantra (fusione dell’inno cristiano con la ritualità induista), la seconda, con i brani del lato 2, è intitolata Das V. Buch Mose e si ispira alle narrazioni bibliche del V libro di Mosè.

Lato A

 

 Il brano di apertura   “Ah!” è una sonata per pianoforte sulla quale si adagiano le note di una chitarra elettrica con sottofondo di tamboura sino al finale dove i due strumenti principali si inseguono vertiginosamente. Il secondo brano “Kyrie” si ispira al Kyrie Eleison della liturgia cristiana facente parte della messa cantata e si sviluppa su un’aria di ispirazione classicheggiante per violino, piano e soprano.

“Hosianna Mantra”, che da anche il titolo all’album, è il terzo brano che conclude il lato 1 del disco ed è la migliore rappresentazione della musica spirituale dei Popol Vuh.  È in questa lunga suite che si compenetrano tra loro due tipi di ritualità distanti fra loro: l’inno a Cristo che ascende al cielo (l’Osanna) e l’inno induista costituito dalla ripetizione continua di una stessa formula o parola (il mantra). L’intreccio armonico tra la chitarra, il pianoforte l’oboe e la salmodia di Djong Yun creano un risultato onirico e meditativo che sospinge la musica e l’ascolto verso le più alte vette dell’anima.

Lato B

Il lato 2 dell’album si apre con  “Abschied” , nel quale spicca la malinconica purezza dell’oboe; “Segnung” è segnato da un  canto sacrale piacevole ed armonioso accompagnato progressivamente  dalla chitarra elettrica, dal pianoforte, dall’oboe e dalla tambura. Infine, incastonata tra i due brevi intermezzi di “Andacht”, si trova “Nicht Hoch Im Himmel” una gemma indescrivibile capace di esprimere luce ed oscurità, bellezza e sofferenza, gioia e tristezza allo stesso tempo.  

Nel 2004 la casa disografica  ha ripubblicato l’album con una bonus track, “Maria (Ave Maria)”, originariamente pubblicata su un singolo solista del 1972 della cantante coreana Djong Yun.

 

Hosianna Mantra è la vita che si esprime nel mentre di una contemplazione d’amore cosmico, l’espressione di una musica universale, che avvicina il mondo della materia a quello dello spirito, un album del quale consiglio l’ascolto a tutti coloro che ricercano nella musica intimismo ed introspezione.

 

Gianfranco Politi

 

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