L’Argante #103|| Filumena Marturano: la Donna del teatro italiano.

Filumena Marturano (1946) è uno dei capolavori assoluti di Eduardo De Filippo ed è tra le commedie italiane più conosciute e apprezzate dal pubblico e dalla critica internazionale. E’ uno dei pochissimi testi teatrali di tutta la drammaturgia mondiale in cui la vera protagonista è una donna. Anzi, una Donna. Sì, con la D maiuscola. Una donna del popolo, vera, verace, sincera e viscerale, che si espone senza filtri affrontando a testa alta il mondo degli uomini e quello sopra di essi.

Filumena si presenta

Eduardo principia la commedia con una didascalia di tre pagine. La più lunga, meticolosa e bella didascalia mai scritta da Eduardo. Filumena si mostra mentre le luci del giorno si dileguano. E’ in piedi sulla soglia della camera da letto, le braccia conserte in atto di sfida; in camicia da notte, piedi nudi nelle pantofole scendiletto, capelli in disordine, con qualche filo grigio che denuncia tutti i suoi 48 anni e un “atteggiamento da belva ferita, pronta a spiccare il salto sull’avversario”. Domenico Soriano è nell’angolo opposto della stanza e del palcoscenico, come in un ideale ring di pugilato. E’ un bel cinquantenne solido e giovanile, che si è goduto la vita grazie ai soldi della pasticceria lasciatagli dal padre. Da giovinotto lo chiamavano don Mimì ed era famoso per i cavalli, le donne e i capricci. Ora se ne stava lì, i pantaloni del pigiama sommariamente abbottonati, “pallido e convulso di fronte a Filumena, a quella donna da “niente” che per tanti anni è stata trattata da lui come una schiava e che ora lo tiene in pugno, per schiacciarlo come un pulcino”.

Una didascalia così minuziosa che non dichiara solo oggettivamente delle indicazioni di regia o segni utili agli attori per intuire azioni o temperamenti. No, Eduardo descrive tutto, come in un romanzo. Anche quello che c’è stato e ci sarà. Eduardo non permette agli attori di immaginare o di metterci del loro. Filumena è Donna già sulla carta, archetipo potente di un’energia primordiale di madre e di femmina che combatte, e si farà carne solo per quelle interpreti che sapranno ospitarla mettendo da parte se stesse.

Filumena e Titina

Come e perchè io scrissi Filumena Marturano per Titina. Avevo scritto Questi fantasmi, gliela portai a leggere e lei mi rispose: “Ma guarda, è bellissima sì, ma io sono molto triste perché ho capito che a teatro chi emerge è sempre l’uomo. Io sono in mezzo a voi, sono come un cuscinetto, un ammortizzatore.” Risposi: ” Ma non è vero, tu sei una grande attrice, lasciami pensare un poco su questo tuo malumore”. In dodici giorni scrissi Filumena Marturano. […] Poi riunii tutti, Titina non sapeva niente, aprii il copione sul tavolo, c’erano critici, c’erano amici e io lessi tutta la commedia. Dopo aver letto la commedia, un silenzio profondo, alzai gli occhi dal copione, piangevano tutti quanti. Titina si alzò e mi venne a baciare le mani. Ci siamo voluti bene veramente, ci siamo ammirati reciprocamente. E Titina è rimasta con me.

 

Eduardo De Filippo in un’intervista a Vittorio Gassman.

 

Quando incontrò Filumena Titina aveva 48 anni. Il personaggio le era costato immensa fatica. Durante le prove Eduardo, ci racconta la stessa Titina in una pagina di diario, era un fascio di nervi, fumava in continuazione, mai contento di come stessero andando le cose. Sembrava che avesse paura del personaggio che aveva scritto. Aveva messo in scena una prostituta in camicia da notte, le faceva dire parole violente, la faceva inveire, le faceva affrontare a tu per tu l’immagine della Madonna e ne aveva paura. Davanti alla forza di Filumena Eduardo retrocedeva, veniva a compromessi, cercava una via di mezzo. L’impeto naturale che scattava nella natura della sorella lui lo tratteneva: “Meno, meno, non ti agitare, non ti muovere”. “Filumena mi sfugge, Filumena non si lascia conquistare da me” scriverà l’interprete. Solo quando Eduardo le darà piena fiducia per fare da sé Titina, che aveva sentito il personaggio lontano ed estraneo, paralizzata com’era dal terrore di sembrare falsa, costruita ed enfatica, riuscì a trovarla. Titina riscattò Filumena quando alla prima dell’Eliseo recitò libera, senza essere un “grammofono” (come disse al fratello per convincerlo a cambiare registro con lei nella direzione sul personaggio), e fu un trionfo. La sua interpretazione fu accolta da un subisso di applausi a scena aperta. Tre mesi dopo, a Milano, ebbe trentatrè chiamate al finale. Il sipario si chiuse e riaprì per trentatré volte per lei. Titina si sentiva come un proiettile lanciato che non si ferma più.

Vibravo e mi muovevo, fremevo, gridavo. Eccolo il mio personaggio! Lo avevo ghermito, palpitava nelle mie mani come una farfalla e io lo stringevo, dicendogli con gioia: finalemente grida, urla, piangi… Ecco così ti volevo: violenta, fredda calma, tragica, comica. Ah Filumena, ti tengo, ti tengo. Non scappi più. Ti porterò per tutta la vita con me.

Titina De Filippo

 

Ti porterò per tutta la vita con me. Con il nome di Filumena la gente la chiamava per strada. E lei si lasciò invadere dal suo personaggio a tal punto da ritrovarne le battute negli ultimi istanti della sua vita, quando nel delirio confondeva il marito con Domenico Soriano che non le voleva far riconoscere i figli.

 

L’eredità di Titina

Dal 1959 il ruolo di Filumena passa a Regina Bianchi, che esita ad accettare “la parte di Titina”. Ma è la stessa attrice, ritiratasi da tempo dalle scene per la sua malattia cardiaca, ad incoraggiarla generosamente a quel debutto. E Regina Bianchi saprà prendere il testimone con grande consapevolezza per portare Filumena almeno alla stessa levatura a cui si era abituati con Titina. Fu lei la Filumena televisiva che nel 1962 ebbe il più alto indice d’ascolto. Il suo volto fiero, la sua voce secca e asciutta, la grande determinazione negli occhi, l’enorme eleganza con la quale ha portato il personaggio, nonostante la miseria dalla quale proveniva, hanno fatto sì che Filumena rivivesse di nuovo in un altro corpo, risorgendo in quella immagine di femminilità appassionata, ostinata, libera alla quale Regina Bianchi legò per sempre il suo nome. Dopo di lei fu la maestosa Pupella Maggio a camminare nelle scarpe di Filumena. Putroppo non si hanno documentazioni sulla sua interpretazione. Sono sicura che sarebbe stato uno spettacolo poterla vedere recitare questo ruolo.

Filumena o altre Filumene

 

Del 1956 è la seconda versione cinematografica, quella con Marcello Mastroianni e Sofia Loren, diretti da Vittorio De Sica. Si intitola Matrimonio all’Italiana, e ha un cedimento all’imperante gusto della commedia all’italiana che lascerà insoddisfatto Eduardo, che figura tra gli sceneggiatori. C’è da dire che Sofia Loren gestisce con classe l’ardore di Filumena ma è accompagnata, a mio avviso, da un Domenico Soriano troppo iroso e aggressivo rispetto all’originale che forza la direzione verso una relazione necessariamente molto fisica e passionale impedendo così di evidenziare quella dimensione di freddezza e calcolo propri della natura di Filumena. Sempre per la televisione abbiamo del 2010 la versione con Massimo Ranieri e Mariangela Melato. Massimo Ranieri cavalca il territorio suo con amore e rigore, anche se con uno stile recitativo molto plateale, ma la povera Mariangela non riesce a far scorrere nel sangue quel fuoco proprio di chi conosce veramente il cuore di Napoli. La sua Filumena risulta fin troppo distaccata, snob, nordica, forse sopratutto per un accento camuffato appoggiatole addosso senza pietà. Per la Rai esiste poi una versione con Isa Danieli e Antonio Casagrande, due mostri sacri del teatro napoletano che però, secondo me, complice una messa in scena poco dinamica e le loro età anagrafiche piuttosto avanzate, non restituiscono a pieno le svariate sfaccettature dei personaggi rendendo tutto un po’ troppo grezzo.

Quando Filumena torna a Filumena

Due sono state le interpretazioni che possiamo ricordarci come riuscite egregiamente. La prima è la regia teatrale di Francesco Rosi con il figlio di Eduardo, Luca De Filippo, e una straordinaria Lina Sastri. Vi consiglio di andare a vedere qualche spezzone su YouTube per accorgervi della tridimensionalità emotiva che riesce a darle Lina che si approccia al personaggio con una reverenza che solo una grande attrice come lei, cresciuta all’ombra di Eduardo nella sua compagnia, poteva avere. Filumena acquista con lei una tenerezza e una fragilità mai avute prima, senza però perdere la tenacia e la forza come qualità dominanti.

L’ultima impresa televisiva è stata la produzione del 2022 con Vanessa Scalera e Massimiliano Gallo. Brillante l’idea di trarre liberamente ispirazione dalla commedia andando però a riscrivere la sceneggiatura, un pò come fu per Matrimonio all’italiana. I personaggi sono delineati con molta attenzione e Valeria Scalera è assolutamente all’altezza del ruolo dominando sia il dialetto che il temperamento di Filumena con grande professionalità. Risulta molto intensa e orientata ma questo, probabilmente, è anche merito dell’interprete maschile che ha a fianco, perfettamente in grado con la sua umiltà di incarnare il personaggio eduardiano con tutta la miriade di sfaccettature che ha, rendendolo, difatti, un personaggio passivo che subisce i fatti che gli succedono. Il successo di share di questa produzione non fa che evidenzare qualcosa che è evidente dal 1946:  la storia Filumena rimarrà universale e attuale, qualsiasi sia il tempo in cui verrà rappresentata, e lei sarà sempre pronta a sorprenderci e a provocarci ogni volta, scavando nel fondo dei sentimenti umani più veri e carnali, quelli che appartengono a tutti, esibendoceli senza mezze misure.

 

Serena Politi

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