L’Argante 166 Rock e Misticismo: I Quintessence

Benvenuti al primo di una serie di articoli in cui analizzeremo i rapporti tra musica rock e misticismo, o meglio l’influenza che certe tradizioni musicali, filosofiche e culturali provenienti dall’oriente – in particolare dall’India – e caratterizzate da quel tipico sentimento di contemplazione, venerazione o adorazione della dimensione del sacro hanno avuto sul panorama musicale rock a cavallo tra gli anni ’60 e ’70.

La nuova via dei Quintessence

Il nostro viaggio inizia con i Quintessence, gruppo londinese nato nell’aprile del 1969 a Notting Hill, Londra, quando Raja Ram, al secolo Ron Rothfield, flautista e percussionista, cerca musicisti per formare una nuova band dai connotati jazz rock e mette un annuncio su Melody Maker, prestigiosa rivista musicale. Dal cast sceglie il suo gruppo: Sambhu Babaji (basso), Maha Dev (chitarra ritmica), Shiva Shankar Jones (voce, tastiere, percussioni), Jake Milton (batteria, percussioni), Allan Mostert (chitarra solista). L’obiettivo è già chiaro dall’inizio: creare una musica che misceli la musica orientale, scelta dovuta all’adesione spirituale all’induismo, il rock psichedelico ed un approccio “progressivo”, senza escludere spunti di jazz-rock e la libera improvvisazione. Una musica che doveva raccogliere il testimone della psichedelia indicando alla controcultura beat ed hippie una nuova via musicale per condividere e comunicare sensazioni ed emozioni. Il gruppo nel giro di pochi mesi è già in giro a suonare nei locali ed a fare concerti attirando l’interesse del pubblico tant’è che la Island Record propone alla band un contratto discografico con carta bianca. E’ l’occasione giusta per i Quintessence per mettere a frutto tutto ciò che avevano sperimentato nei concerti dal vivo. Nel giro di tre anni, tra il 1969 ed il 1971, incidono tre album innovativi che sospingono il rock in una dimensione più colta e meditata.

In Blissful Company

Il primo album pubblicato nel 1969, dal titolo In Blissful Company è già un album maturo e con le idee chiare dal punto di vista musicale. Il flauto di Raja Ram e la possente voce di Shiva la fanno da padroni, la musica è un ponte che mette in contatto il Rock con il misticismo orientale, una via nuova dove si incontrano le chitarre rock, il sitar, il suono psicheledico alla Greateful Dead.

Brani come Giants, Manco Capac, Gungamai (che diventerà un loro cavallo di battaglia nei concerti live), incarnano questa nuova vena musicale energica, eccitante, con testi che si ispirano al significato della vita e dell’amore, che alternano parti melodiche a jam psichedeliche raffinate. In Chant entriamo nel mondo più mistico della band attraverso la recita di un mantra che ci introduce all’induismo più puro. Non mancano i fraseggi jazz-blues Pearl And Bird e Notting Hill Gate e Midnight Mode che ribadiscono il misticismo del gruppo.

Quintessence

Un anno dopo viene pubblicato Quintessence che contiene brani live proprio per evidenziare la potenza che la band sprigiona dal vivo. Brani come Sea Of Immortality, e High On Mount Kailash, confermano la qualità musicale della band. Burning Bush, registrata dal vivo, ci regala sprazzi di chitarra con il wah in perfetto stile psichedelico; Twilight Zone vive degli intrecci tra flauto, chitarre e la possente voce di Shiva Jones; St. Pancras, è una suite chitarristica dai chiari toni orientali ed che introduce la conclusiva Infinitum, dove le voci su susseguono in armonizzazioni tipiche della musica sacra. Questo secondo album mette in risalto la bravura e l’individualità dei vari membri della band ma mostra anche già i primi limiti del loro progetto musicale: un album che avrebbe dovuto salire di livello rispetto al precedente ma che rischia pericolose cadute compositive anche se si salva grazie ad alcuni momenti ancora all’altezza del primo disco.

Dive Deep

Dive Deep del 1971, il terzo ed ultimo capitolo della loro trilogia classica, vira verso una musica più pop nel tentativo di catturare un pubblico più ampio ma mostra già qualche segno di stanchezza. Non mancano bellissimi brani come, Dance for the one una suite di 11 minuti che racchiude il sé la filosofica del gruppo conducendo l’ascoltatore in una dimensione quasi onirica. Ma siamo alle battute finali di una avventura musicale davvero bella ed intrigante che poteva dipanarsi solo in quel periodo d’oro della musica rock compreso tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70.

I successivi album, che coincidono anche con il passaggio all’etichetta discografica RCA, vedranno la band in caduta libera rispetto al progetto iniziale.

Ma i Quintessence restano indelebilmente nella storia della musica rock grazie ai loro primi tre album, caratteristici di un periodo musicale che andava alla continua ricerca di nuove strade musicali da battere nel segno anche della ricerca interiore.

 

Gianfranco Politi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.