L’Argante 133 || Music on the Road: perché ogni viaggio ha sempre la sua colonna sonora

Sarà capitato anche a voi… di associare al suono di una determinata canzone delle immagini nette e precise, come se si riaccendesse all’improvviso, la pellicola della memoria. Così come i profumi, infatti, la musica ha il potere di riconnettere le persone ad una memoria autobiografica istantanea. La musica si unisce a doppio nodo ai ricordi di gioventù, a ciò che la radio passava, alle hit ma, soprattutto, a quello che usciva dall’autoradio, scelto rigorosamente dagli adulti, negli interminabili viaggi in macchina.

In viaggio negli anni ’80

Eh già perché dei ridenti anni ’80, anni ormai lontani della mia infanzia, nessun bambino aveva diritto a mettere bocca sulle compilation di viaggio. Nessun genitore si sarebbe sognato di sapere come facesse il coccodrillo o quanti parenti avesse baby shark. Piuttosto era la prole a doversi adattare ai gusti musicali degli adulti. Sinceramente io credo di essermela cavata piuttosto bene dal momento che dalla mia autoradio uscivano i Dire Straits, Sting, Simon and Gurfunkel (concerto a Central Park soprattutto), Bob Dylan. Certo non che capissi i testi, ma devo dire che ancora oggi associare le mie estati di bimba a queste sonorità mi conforta molto. Quello che potevo fare era chiedere che venisse messa, tra le disponibili, la cassetta che mi piaceva di più. Mi piaceva molto Oro, Incenso e Birra di Zucchero. Lo ascoltavamo anche a casa. Mi commoveva Diamante, l’eco della nonna che lo chiamava in lontananza, la dolcezza di una canzone cantata ad un’anziana signora da un nipote grande e grosso. E poi Zucchero mi piaceva molto… mi aveva permesso dall’età di 4 anni di dire “che cazzo fai” al suo Pippo.

Viaggi di walkman, pile e cartoni di vocabolari

Crescendo ovviamente non ci è più bastato condividere con i matusalemme del vano anteriore della vettura la colonna sonora dei nostri viaggi. Dalle medie in poi ognuno per sé. Sequestrato il walkman a mammà i viaggi hanno avuto una soundtrack decisamente autodiretta. Le cassette erano tutte rigorosamente pezzottate. Io non avevo neanche un’originale nella mia collezione. Molte erano dei mix registrati dalla radio: quando passava la canzone che mi interessava volavo letteralmente sullo stereo per pigiare rec. I brani erano pertanto tagliati male, avevano intermezzi pubblicitari, spesso si interrompevano nel lato A per ripartire sul lato B. Ma il tutto risultava anche poetico. La transizione musicale aveva dello schizzofrenico. In quegli anni ero passata dal pop al grunge al metal senza soluzione di continuità. Ed ero in grado di ascoltare tutto in continuità senza dissociarmi nelle 6 ore di viaggio che ci portavano a casa della nonna a Napoli. I Backstreet Boys e le Spice, che prendevano il loro posto dopo i Queen, cedevano con piacere il passo ai Nirvana e, successivamente, alla colonna sonora di Romeo+Juliet. Bisognava portarsi dietro tutto. Tutte le cassette dovevano essere trasportabili. Non sia mai ti venisse una voglia musicale che non potevi soddisfare. E allora per portartele tutte dietro senza che si aprissero e rovinassero esisteva un metodo infallibile: il cartone del vocabolario, vuoto. Ci stavano da Dio. Finalmente una funzione utile a quello strumento di tortura. E pile. Vagonate di pile, perché ogni volta andavano provate tutte che non si sapeva mai quale funzionasse e quale fosse consumata.

Lo scomodissimo Cd

I viaggi degli anni 2000 hanno avuto come compagno fedele il nuovissimo Lettore Cd. Strumento scomodo proprio per la sua forma intrasportabile senza una borsa (diversamente dal walkman che era adatto, come narrava il suo stesso nome, ad essere portato in tasca o simili per permetterti di muoverti con scioltezza). E poi questi cd che si graffiavano, scheggiavano, che saltavano. Ma questo ci forniva quegli anni e questo ci siamo presi. Chi eravamo noi per contrapporci alla tecnologia che avanzava? Anche se poco convinti, via alle kilate di cd (masterizzati rigorosamente) portati negli astucci apposta. Alla fine ci siamo affezionati anche a lui… io personalmente sono in debito col mio lettore cd Sony per il viaggio in college in Canada in cui mi ha concesso una colonna sonora strepitosa: da Californication dei Red Hot (consumato fino al deterioramento per permettermi di imparare a memoria tutti i brani parola per parola) a Toxicity dei Sistem of a Down, passando per Images and Word dei Dream Theater. Una playlist bella intensa che dava sfogo al male di vivere, all’ansia di essere, alla brama di esistere della fine della mia adolescenza.

Tutto lo scibile musicale umano e oltre

Dall’avvento dell’MP3 è stato possibile disporre di un quantitativo illimitato di brani musicali. Difficile scegliere cosa ascoltare nelle nuove compilation da fare? Non per me. Io alla fine alla soglia dei 40 anni continuo ad ascoltare sempre la stessa musica. Addirittura su spotify le mie playlist o hanno i nomi dei viaggi fatti tipo “una notte a Napoli” – con brani monotematici sul tema- oppure amarcord come “bagno del 99” -con tutta la musica trash tra Britney, JLo, ChristinaEnrique Iglesias che ascoltavo in bagno per prepararmi prima di andare al liceo- oppure “Agropoli 98” -con tutta quelle hit estive che le discoteche, a me vietate passavano. Un’altra playlist del cuore è “Memories” ovvero tutti quei brani che mi riportano a dei momenti precisi e indissolubili del passato remoto e del passato più prossimo – quindi dal suddetto Sting a Phil Collins, da Tanita Tikaram a Vasco Rossi, dai Tears for Fears all’immortale Legata ad un granello di sabbia di Fidenco. Ne ho una poi a cui tengo molto che si chiama “Tempi di Vita” nata da un’idea in un viaggio in macchina di ben 18 ore per raggiungere la terra natia del mio amato marito (la profondissima Sicilia). In pratica abbiamo scelto un brano ad anno dall’anno di nascita fino ad oggi che rappresentasse un ricordo importante. In questa playlist Fabrizio De André con la sua Canzone di Marinella ha dovuto stare accanto alle Donne di Jo Squillo, Renzo Arbore e il suo Cacao Meravigliao ai Balocchi e profumi di Claudio Villa. Un guazzabuglio musicale insomma, ma per me denso di significato. Ma sapete che vi dico? Consiglio vivamente anche voi di fare una playlist così! Sfruttiamo costruttivamente il senso della musica e il mare sconfinato della disponibilità di reperire qualsiasi brano. Risulterà senz’altro un nuovo modo per fare conoscenza di sé e per ripercorrere nostalgicamente il proprio passato! Diamo alla musica la sua funzione terapeutica ancora più consapevolmente. Sarà un bel viaggio ve lo garantisco.

Serena Politi

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