LeImpertinenti#1: “Tavola tavola, chiodo chiodo”

Cari lettori,

come molti di voi già sanno l’Argante è una rivista che parla di spettacolo, a chi invece grazie a questa nuova rubrica trova il pretesto di conoscerla dò il nostro più caloroso benvenuto. In questo primo numero della sezione LeImpertinenti (libere recensioni teatrali) in estrema sintesi vi spiegheremo cosa vogliamo fare: sotto il nome di Ernesto Censere si cela la volontà di tirarsi fuori dalle dinamiche “teatrali e teatranti” finora coltivate e conosciute. Il nostro intento è quello di vedere gli spettacoli prima e commentarli poi, pratica oramai in disuso da parte dei maggiori “commentatori” del nostro tempo (che prima li commentano e poi non li guardano nemmeno). Non è nostro interesse recensire per avere accoglienze speciali o ingressi omaggio, per avere inviti o riconoscimenti. Quello che ci preme è l’analisi dello spettacolo e per far questo sentiamo il bisogno di “svincolarci dalle convinzioni, dalle pose e sopratutto dalle posizioni.”  A volte perciò potrebbe capitare che queste recensioni possano piacere meno e a volte più, non avendo “obblighi” di compiacere nessuno, sarà lo spettacolo a trarne la massima attenzione. 

Infine invito chiunque sia dotato di volontà e spirito critico a scriverci all’indirizzo email: info@geneticamentemortificati.com per pubblicare le vostre impressioni e le vostre recensioni sugli spettacoli dal vivo che avrete la possibilità e la curiosità di andare a vedere. La pubblicazione sotto il nome di Ernesto Censere sarà garantita dallo staff della rivista in totale forma anonima, perché più che la vostra identità, ci interessa il vostro punto di vista.

“TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO”

Sabato 11 Dicembre 2021, Teatro Era di Pontedera.

Da quando la “pandemia” è scoppiata ho sempre avuto la stessa domanda in mente: ora che cosa racconteremo? I teatri chiusi per un anno e mezzo hanno messo in bilico le certezze di chiunque operatori, attori, autori e pubblico. Credo sostanzialmente che ognuno, da qualunque punto di vista si provi ad approcciare al teatro oggi, sia spesso assalito da un dubbio: che senso ha quello sto per fare? Lo spettatore si chiederà più volte se è il caso di andarci, l’attore se è il caso di accettare un ruolo, di fare le prove e poi di andare in scena, l’autore se è il caso di scrivere l’idea che ha in mente. Invidio chi fa finta che non sia successo niente e al tempo stesso un po’ li compatisco, perché nella maggior parte dei casi sono coloro che hanno seguitato a produrre spettacoli di ben poca utilità. Fatta questa premessa credo di poter spiegare meglio i motivi che mi hanno portato ad apprezzare ancora di più lo spettacolo portato in scena da Lino Musella.

Il primo pensiero per chi guarda questo spettacolo è il senso della ricostruzione; la frase del titolo “tavola tavola, chiodo chiodo” cita una targa posta al San Ferdinando, ricostruito da Eduardo e dal suo capo-mastro Peppino Mercurio; ma per noi tutti teatranti e spettatori del 2021 non ci sono macerie da rimuovere e teatri da ricostruire dopo le bombe, il percorso è molto più difficile poiché inesplorato. I Teatri sono tutti al loro posto, gli spettatori sono quelli di prima, gli attori e gli organizzatori (Direttori, Ministri e Ministeri) sempre gli stessi, quello con cui bisogna fare i conti è dunque un cumulo di macerie. Che cosa ha fatto Lino Musella? (secondo me) E’ riuscito tramite Eduardo e alla sua disarmante bravura a colpire nel segno.

Il suo è uno spettacolo “apartitico”, come quelli che De Filippo ambiva a fare, ma è decisamente centrato e con le radici ben radicate al cuore del problema. Il Teatro moriva mangiato da chi aveva l’ambizione di farlo già ai tempi di Eduardo che con delle lettere “partigiane” inveiva nei confronti dei burocrati e degli organizzatori che, allora come ora, usavano i palchi per le loro sbiadite e inutili passerelle. Il Teatro moriva già prima della Pandemia, eppure per molti di quelli che il Teatro poi lo fanno materialmente (anzi burocraticamente) sembra quasi che nulla sia successo; i loro “poteri esecutivi” ne hanno sicuramente giovato e dunque ci si chiede: a chi conviene tenere in vita un teatro costantemente moribondo fin dai tempi di Eduardo e perchè?

Lo spettacolo:

Preparato nei minimi dettagli, servito al pubblico da un attore in grandissimo spolvero che sa di cosa parla e per appartenenza e per la stessa spinta emotiva e propulsiva che spinge molti di noi a ribellarci al normale andamento distruttivo delle “cose teatrali” correnti. 

Artigianale la messa in scena, i cambi luce, la musica e la bravura di Musella… fatto  e pensato probabilmente alla maniera in cui Eduardo più volte ha inteso il Teatro stesso. Pieno di spunti storici e di riflessioni future. Tradizione e innovazione si incontrano in scena senza fare a cazzotti e, per una volta, viene il desiderio di riaprire a nuove idee, a nuovi entusiasmi a nuovi spettacoli e imprese. 

Per finire… è poesia tutto quello che tramite Musella ancora oggi Eduardo ci continua ad insegnare. Ci auguriamo che torni presto (nel 2022) a calcare le scene, sono questi gli spettacoli di cui il Teatro italiano ha bisogno, ora più che mai. 

Ernesto Censere

 

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