L’Argante 93 | François Truffaut 90

Avrebbe compiuto 90 anni in questo 2022 François Truffaut, insieme a Godard, Rohmer e Chabrol fra i registi francesi che hanno fatto la Storia del Cinema ma a mio avviso quello con la filmografia più vicina alla gente.

Ci ha lasciato troppo presto questo regista dolce, candido, emotivo e capace di raccontare le persone. Nel marzo 1984 gli viene diagnosticato un tumore al cervello e operato tardivamente, Truffaut muore il 21 ottobre dello stesso anno a soli 52 anni.

Quei 52 anni di vita e 24 anni di carriera da regista (dal 1959 al 1983) in cui ci ha lasciato 21 film – e come viene da dire in questi casi di morti così premature, chissà quante altre opere ci avrebbe lasciato e come avrebbe raccontato gli anni ’80 e ’90 che non ha potuto vivere, vedere e interpretare con il suo sguardo e la sua narrazione, così capaci di emozionare e rendere la verità della vita, della quotidianità e della casualità del vivere, come forse più di ogni altro cinema, il cinema francese da sempre sa fare.

Il Cinema La Compagnia di Firenze sta proponendo una rassegna per celebrarlo con 12 titoli, ogni lunedi sera (Programma completo qui) e dopo il successo della rassegna su Hitchcock della quale abbiamo analizzato titolo per titolo qui.

Truffaut nasce il 6 febbraio del 1932. La madre è Jeanine de Monferrand, all’epoca del suo concepimento appena diciottenne, mentre il padre è Roland Truffaut, che riconosce il figlio come suo, pur non essendone il genitore biologico.

Nel 1944 a soli 12 anni, leggendo di nascosto il diario di Roland, scopre la verità anche se – per accertare la vera identità del padre naturale – dovrà aspettare la fine degli anni sessanta quando, per esigenze di realizzazione del film Baci rubati (1968), Truffaut contatta l’investigatore privato Albert Duchenne dell’agenzia Dubly, e ne approfitta per affidargli l’ulteriore compito di individuare il suo padre biologico. Viene così a sapere che si tratta di tale Roland Lévy, un dentista. Decide «di non allacciare i rapporti con il padre ritrovato: era davvero troppo tardi, e poi non voleva creare dei problemi al padre legale Roland Truffaut»

Il rapporto con la nonna (con la quale cresce non abitando in casa dei genitori nei primi anni) è fondamentale per la nascita di una delle grandi passioni del futuro regista, quella per la lettura. Di salute cagionevole, il piccolo François non frequenta la scuola materna ed è la nonna, che lo introduce nel mondo dei libri. È lei che dapprima legge per lui e, poi, gli insegna a leggere. L’amore per la letteratura e per i libri è una delle costanti della vita del regista fin da allora (questa passione sarà poi riversata nel suo film Fahrenheit 451 tratto dal romanzo di Ray Bradbury).

«mia madre (…) non sopportava i rumori e m’impediva di muovermi e parlare per ore e ore. Allora io leggevo: era la sola occupazione a cui potessi dedicarmi senza disturbarla. Durante l’occupazione tedesca ho letto moltissimo e poiché stavo spesso solo, mi misi a leggere i libri degli adulti (…). Arrivato a tredici o quattordici anni comprai, a cinquanta centesimi al pezzo, quattrocentocinquanta volumetti grigiastri, Les Classiques Fayard, e mi misi a leggerli in ordine alfabetico (…), senza saltare un titolo, un volume, una pagina»

 

Alla passione per la lettura non corrisponde però un buon rapporto con le istituzioni scolastiche. Fino al 1941 frequenta il liceo Rollin in cui, secondo le sue parole, si sente un estraneo. La sua travagliata vita scolastica e familiare saranno riversate nel suo primo film, I 400 colpi che venne girato nel 1959 con grande successo di critica e pubblico e valse a Truffaut un premio come miglior regista al Festival di Cannes.

Bocciato più volte, lascia presto la scuola e, poco prima della liberazione di Parigi, fugge dalla colonia in cui lo avevano mandato e trova un lavoro come magazziniere. Dopo aver perduto il lavoro, fonda un cineclub in concorrenza con quello di André Bazin, che conosce in quest’occasione e che sarà una figura fondamentale per il futuro di Truffaut e rappresenterà nella sua vita quella figura di padre che tanto gli era mancata (e che viene narrata anch’essa nel film autobiografico I 400 colpi).

«Mio padre ritrovò le mie tracce e mi consegnò alla polizia. Sono stato ospite per molto tempo del riformatorio di Villejuif da cui mi fece uscire André Bazin. Sono stato manovale in un’officina, poi mi sono arruolato per la guerra d’Indocina. Ho approfittato di una licenza per disertare. Ma, dietro consiglio di Bazin, ho raggiunto il mio reparto. In seguito sono stato riformato per instabilità di carattere»

 

Sarà sempre Bazin ad assumerlo come critico cinematografico presso una rivista da poco fondata: Cahiers du cinéma.

A 12 anni Truffaut aveva conosciuto Robert Lachenay, di un anno e mezzo più grande. Grazie alla comune passione per la letteratura e per il cinema, tra i due nasce un’amicizia che durerà tutta la vita. Nel numero speciale che i Cahiers du cinéma dedicheranno al regista nel dicembre 1984 al momento della suo prematura scomparsa, Lachenay scriverà:

«l’incomprensione che i suoi genitori manifestavano per lui era simile a quella dei miei. Ciascuno di noi non aveva che l’altro a far le veci della famiglia (…) Se non ci fossimo incontrati e sostenuti a vicenda, certamente ci saremmo avviati entrambi su una brutta strada»

La carriera cinematografica. Filmografia

Truffaut e Hitchcock

François Truffaut ha nutrito una grande passione per i film di Alfred Hitchcock e, insieme a Claude Chabrol e altri colleghi della rivista Cahiers du cinéma, ha avuto il merito di far rivalutare e apprezzare l’opera del maestro della suspense tanto in Europa quanto in America, dove da sempre il regista britannico era trattato dalla critica con sufficienza, nonostante gli enormi successi di pubblico.

Nel 1962 Truffaut rivolse a Hitchcock una lunga intervista pubblicata poi nel libro Il cinema secondo Hitchcock, il più divertente libro di cinema che sia mai stato scritto (spesso “sottotitolo” di alcune edizione) e aggiungo io, forse il più importante libro di cinema che sia mai stato scritto, dove due grandi registi dialogano e parlano al pubblico rivelando tutti i loro segreti artistici e spesso anche umani.

Ciao Francois!

Ricordiamo con tenerezza e passione questo regista andato via troppo presto che ci ha lasciato questi 21 film e alcuni corti degli inizi, un’opera che fa riflettere, uno specchio sulla nostra vita, sugli amori, i baci rubati, le insicurezze e gli aspetti più tetri, strani o dolci delle nostre esistenze. Una filmografia da vedere ancora. Sensazioni vere di un cinema semplice, complesso e vicino alla vita come forse nessuno mai è riuscito a realizzare.

E senza ombra di dubbio un omaggio al regista che più di ogni altro ha amato il cinema visceralmente. 

Stefano Chianucci

 

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