L’Argante 154 20 anni di Facebook

Sono passati più di 20 anni da quando i social network sono arrivati nelle mani di (quasi) tutti e hanno cambiato completamente le nostre vite. E questa data può senza dubbio essere individuata con il lancio nella rete del social che non primo fra tutti, ma senza dubbio in maniera più massiva di tutti gli altri ha influenzato il nostro modo di vivere (almeno fino all’avvento di competitor all’altezza, arrivati comunque anni dopo): Facebook. 

Per miliardi di persone un sinonimo non sostituibile del concetto di “social network” stesso.

Ripercorriamo quindi questi 20 anni di social network, cerchiamo di capirne la storia, l’evoluzione, l’utilizzo che ne abbiamo fatto, le problematiche, il possibile futuro.

Definizione di Social Network. Fonte: Wikipedia

Un social network è un servizio Internet per la gestione dei rapporti e delle reti sociali, tipicamente fruibile mediante browser o applicazioni mobili appoggiandosi sulla relativa piattaforma, che consente la comunicazione e condivisione per mezzi testuali e multimediali.


Capitolo 0. Prima di Facebook.

(In Italia), prima di Facebook arrivò MySpace, un social dedicato alla condivisione dei propri gusti musicali, ideato da Chris DeWolfe e Tom Anderson. MySpace sembrava già all’epoca una grande rivoluzione ma di fatto ci si poteva fare poco. Era il 2007 e io avevo 24 anni. Gia anni prima, (ma il loro avvento in Italia era lungi da arrivare in maniera importante), erano nati il LinkedIn di Microsoft (social dedicato ai professionisti di ogni settore e alla ricerca di lavoro, tutt’ora perfettamente funzionante e che va ad espletare bene le funzioni che si prefissa da sempre), SixDegrees (1997-2000) e Frindster.

E chi non conosce un’altra “forma sociale” come l’MSN messenger di Microsoft negli stessi anni? Personalmente ricordo ancora che usciti da scuola si diceva agli amici: “ci sentiamo dopo su MSN!”… ma era essenzialmente un servizio di messaggistica istantanea (oggi sostituito da Whatsapp, Telegram e altri assai più evoluti) e non un social vero e proprio.

In quegli anni altre forme comunicative importanti erano poi i Forum on line, una delle prime vere grandi “benedizioni” della rete a mio avviso, perchè prevedevano un’interattività basata sui topic, (degli argomenti di discussione) e anche una chiave di volta fondamentale (che sarebbe poi stata utilissima a Facebook): quella del concetto di condivisione (share).

Si condividevano le proprie conoscenze e le persone si mettevano gratuitamente a disposizione per raccontare ciò che sapevano, rispondere alla domande riguardanti le loro conoscenze professionali o passioni personali. Sui forum si poteva chiedere di tutto e ricevere risposta o affrontare temi di comuni interesse, dall’arte alla musica, al cantante preferito, ai film al cinema. Da come attaccare una mensola al muro per i meno esperti ai più disparati lavoretti casalinghi, dalle discussioni sull’attualità, alla politica. Non esistevano ancora gli haters e devo dirlo… forse consapevole dell’età che passa (chi scrive oggi ha 40 anni): era un bel mondo! (Ma non sono frasi da vecchio?! Eppure…)

Parte di queste belle condivisioni di sapere personale ad ogni modo sarebbero di li a poco confluite (per i più esperti davvero) nella compilazione come collaboratore di Wikipedia, l’enciclopedia libera on line e quindi la più grande e modificabile al mondo e in parte ancora qualche anno dopo nei famosi (ma più di nicchia) Gruppi di Facebook (evoluzione diretta appunto dei vecchi forum)

Poi c’erano i Blog (e ci sono ancora oggi, in più ridotta diffusione, per chi li usa). I blog servivano anch’essi a condividere il proprio sapere, o le proprie esperienze anche in forma di diari (altro concetto che Facebook sfrutterà più avanti, inglobando buone idee, come è sempre giusto fare, seppur non rendendole così spesso necessariamente migliori di come erano all’origine, forse proprio per la loro semplicità intrinseca, poi perduta).

Tutto il resto era ancora roba da smanettoni e solo le band musicali, gli artisti di grossa fama e le case di produzione cinematografica, di moda e le grosse marche e aziende possedevano un vero e proprio dominio registrato: un, così comunemente chiamato, “sito internet” (con il www davanti e il .com dietro, oserei dire!)

Dunque siamo qui…

…a cavallo fra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000, dopo la paura del millennium bug, le bolle speculative, le crisi internazionali che nel 2001 sarebbero nate dopo l’11 settembre. In Italia, sempre arretrata rispetto agli Stati uniti, internet era (ed è ancora talvolta) una connessione lenta, pigra, mal funzionante: gli smartphone erano lungi dal loro avvento sul mercato. I giovani del tempo, più avvezzi come sempre all’utilizzo delle nuove tecnologie, possedevano (forse) un computer fisso a casa, con un grosso schermo tubo catodico connesso da un grigio cavo gigante ad un corpo polveroso solitamente appoggiato in terra sotto la scrivania, con un lettore dvd o nel migliore dei casi un masterizzatore. Napster stava spopolando e compravamo ancora i CD dei nostri artisti preferiti per trasferirli poi però sui primi iPod importandoli prima nel pc. Poco dopo iTunes avrebbe legalizzato questo processo.

Arrivava MSN, come già detto, e fruire di internet significava soprattutto navigare davvero fra un sito e l’altro.

Internet non era ancora a portata di mano. Si usava la rete, ma solo a casa, davanti al proprio computer. Per vedersi e fissare un incontro con gli amici, ci telefonavamo ancora o componevamo con parsimonia di parole i primi SMS. Come scriveremmo sotto qualche meme oggi: eravamo felici…

 


Capitolo 1. Facebook

Originariamente conosciuto come The Facebook, l’idea iniziale era di creare una sorta di album di contenuti che fosse interattivo e permettesse a tutti gli studenti universitari di interagire tra di loro: per questo in un primo momento l’iscrizione a Facebook era limitata agli studenti di Harvard, università . Visto il successo ottenuto e la crescita esponenziale, però, si decise in un secondo momento di allargare la possibilità di creare un account a tutte le persone che avessero un’età minima di 13 anni.

Mark Zuckerberg, nato il 14 maggio 1984 a White Plains, New York, uno studente al secondo anno di Harvard crea una piattaforma rudimentale che ha costruito in due settimane grazie alle sue capacità informatiche dalle basi di un precedente tentativo, FaceMash, un sito che accostava le foto di due ragazze random del campus e permetteva di scegliere fra le due la più carina e scartare l’altra (ricorda un po’ gli swipe a destra o sinistra di Tinder odierni, vero?!)  – info e foto ottenute da Zuckerberg hackerando gli archivi dell’ateneo, in barba a qualsiasi norma sulla privacy e poi subito chiuso.

FaceMash, lanciato in un fine settimana del 2003 il lunedì mattina era già stato bloccato dall’università perché la sua popolarità aveva sovraccaricato uno degli switch della rete di Harvard e impediva agli studenti di accedere a internet. In più, diversi studenti lamentarono che le loro foto erano state utilizzate senza autorizzazione. Dopo l’accaduto Zuckerberg si scusò pubblicamente.

Da questa idea però Zuck riprogettò un nuovo social e lo chiamò The Facebook. Lo scrisse a gennaio del 2004 e il 4 febbraio la pagina era già on line. In pochi giorni circa duemila studenti si erano già iscritti.

Potremmo dire che il resto è storia. Zuck con altri collaboratori al progetto si trasferì in California, affittò una casa-ufficio per implementare Facebook, la sua rete e strategie gestionali, intenzionato inizialmente a tornare ad Harvard, cosa che non accadde mai. Molte aziende dopo un anno già si fecero avanti per acquistare la piattaforma ma Zuckerberg dichiarerà qualche anno più avanti nel 2010: «Non fu per la somma che ci offrirono. Per me e i miei colleghi, la cosa più importante era creare un flusso di informazioni per la gente. L’idea che le corporazioni mediatiche siano possedute da conglomerati è assolutamente priva di ogni attrattiva per me. L’unica cosa che realmente mi interessa è la mia missione, rendere il mondo aperto»

Nell’anno del lancio (interno appunto alle reti universitarie e non ancora disponibile per tutti) il numero di internet users nel mondo era di 910 milioni, il 14% della popolazione del pianeta. Anche Gmail era stata appena lanciata on line, YouTube sarebbe arrivato solo l’anno successivo e il motore di ricerca più utilizzato non era ancora Google, pensate, ma Yahoo.

Nel 2005 The Facebook diventerà semplicemente Facebook.

 

Intermission. Una lista della tappe evolutive di Facebook e suoi utilizzi principali

Un vecchio slogan di Facebook nella sua landing page diceva: è gratuito e lo sarà sempre. Facebook alimenta i suoi (enormi) guadagni dalla pubblicità, ovviamente. Facebook nel 2007 implementa Beacon, un sistema in grado di tracciare l’attività degli utenti su siti esterni convenzionati, in particolare le loro abitudini di acquisto online, consentendo pubblicità mirate e permettendo agli utenti di condividere tali attività sul News Feed dei propri amici (questa “pratica” contribuirà alla nascita della futura figura dell’influencer).

Facebook propone due tipi di servizio social: il profilo personale o diario e la pagina pubblica (Facebook for business), quella dove per intenderci si preme il tasto mi piace che permette di ricevere comunque i post di quella pagina sulla propria bacheca (il feed).

Interfaccia del 2008

Facebook introduce poi in maniera massiva nel mondo il concetto di tag. Se si tagga una persona in una foto quella foto entra a far parte anche di un album del profilo della persona (se accetta il tag). Il tag nel tempo è stato implementato e creato automaticamente dall’intelligenza artificiale tramite il riconoscimento facciale (fu uno dei primi casi di scandalo sul tema della privacy, che vedremo più avanti). Dop il tag arriva il geotag, che individua invece un luogo, creando un link anche a tutte le foto scattate nello stesso luogo. L’hastag invece molto dopo (2013) e da la possibilità di classificare un topic, un trend, un’informazione sotto una parola specifica.

Un profilo personale può seguire una Pagina business o chiedere l’iscrizione ai Gruppi, come precedentemente detto “evoluzione” dei vecchi forum, dove si discute con altri utenti di passioni comuni o topic specifici.

Nel 2006 Facebook introduce Note che permette agli utenti di pubblicare testi più lunghi, ispirandosi così al concetto di Blog.

Nel 2007 Facebook lancia Marketplace, che consente di inserire annunci di compra vendita privata fra utenti (altra idea “rubata” come è lecito fare nella tecnologia alle piattaforme e-commerce come eBay e opportunamente integrata negli script del social, senza per altro necessariamente raggiungere risultati o target identici a quelli dei “veri” negozi on line).

Nel 2008, anno in cui attecchisce in Italia, Facebook lancia un servizio di messaggistica privata fra profili, chiamato Chat, (da anni ormai anche autonomo dal social mediante registrazione con numero di telefono) e conosciuto dal 2010 come Facebook Messenger o solo Messenger.

Pagina del profilo personale nel 2009

Il 21 aprile 2010 viene lanciato il tasto Mi piace (Like). E Facebook conta 500 milioni di iscritti nel mondo.

Il 9 aprile 2012 Zuckerberg annuncia l’acquisizione di Instagram e dei suoi 13 impiegati per circa 1 miliardo di dollari divisi tra denaro e azioni.

Nel 2014 Facebook celebra i suoi 10 anni di attività annunciando che un miliardo di persone utilizza il social tramite mobile app.

Pagina personale a doppia colonna nel 2011

Il 19 febbraio 2014, Zuckerberg compra per 19 miliardi di dollari il famoso servizio di messaggistica WhatsApp.

Nel 2016 Zuckerberg ha donato 500 000 euro in crediti per comprare pubblicità su Facebook alla Croce Rossa Italiana dopo gli eventi del sisma del Centro Italia del 2016. E’ solo uno dei moltissimi esempi di beneficenza fatta negli anni, lo cito solo perchè riguarda l’Italia (basti pensare che il 1 dicembre 2015, Zuckerberg e sua moglie Priscilla Chan si sono impegnati a trasferire il 99% delle loro azioni Facebook, del valore di 45 miliardi di dollari, alla Chan Zuckerberg Initiative, la loro organizzazione che si concentrerà su salute e istruzione).

Dal 2017 con l’avvento delle Stories si Instagram, la società si concentra in maniera massiva sullo sviluppo di 3 realtà separate ma unite (e unibili): Facebook, Instagram, WhatsApp. Zuckerberg si fa paladino dell’internet per tutti, anche per le popolazioni più povere, acquisisce la società che sviluppa il visore Oculus e nel 2021 a Menlo Park crea META, che diventa la casa madre di tutte le controllate.

Capitolo 3. Oh mio Dio! Che cosa abbiamo fatto?

Il titolo del capitolo 3 è ironico. Un po’. Gia capite dove voglio andare a parare. Quando è arrivato Facebook nessuno di noi sapeva dove saremmo andati a finire. Ci siamo iscritti (quasi) tutti per lecita curiosità, passaparola, moda del momento (e parlo del 2008 in Italia, ancora. Anno in cui Facebook attecchisce da noi).

E siamo così davanti alla nostra pagina vuota, carichiamo la nostra prima foto profilo, le nostre informazioni. Eh si perchè scrivere cosa facciamo di lavoro o dove abbiamo fatto il liceo permette all’algoritmo di darci suggerimenti su cosa può interessarci ma meglio ancora… sul ritrovare vecchi amici perchè anche loro hanno scritto che hanno fatto proprio il nostro stesso liceo. E così eccoci arrivare tutti in rete. Un, potremmo definirlo, sito internet personale che rappresenta il “noi” on line. Poi più avanti il nostro Avatar digitale. La nostra faccina, la nostra emoji e poi la Memoji. E tutta quella “roba” la. Fino ai visori che arriveranno nel 2024. Mi fermo, che altrimenti apriamo un altro capitolo troppo lungo e complesso.

Dopo aver creato questa “gamification” Facebook ci tiene incollati la sopra sempre più ore (proprio insieme agli amici e colleghi che vediamo anche nella vita reale o per farci “gli affari” degli amici o non proprio amici che non vediamo da un po’).

Poi ci da informazioni sui topic che ci interessano, ci fa parlare “in direct” con gli amici come si faceva prima con un sms (e quando Facebook si vede minacciato da Whatsapp prende e si compra anche quello, giusto per sicurezza), ci fa postare le nostre belle foto quando un tempo per farle vedere agli amici dovevamo invitarli a casa, sfogliare un album di foto stampate o proiettare delle diapositive su un muro (sull’argomento privacy tornerò più avanti).

E ancora Facebook ci fa commentare “in pubblica” bacheca o sotto un post altrui dove tutti possono leggere e rispondere a loro volta. E tutto questo, intendiamoci è stato ed è (anche se oggi lo diamo ormai per scontato) letteralmente splendido. La possibilità, la libertà di potersi esprimere con ogni mezzo recrimina direttamente le testuali parole dell’art. 21 della nostra bellissima costituzione: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

MA. C’è un ma. E non è un ma che riguarda la tecnologia che è qui solo un mezzo ulteriore di questo diritto a manifestare il proprio pensiero; solo che lo amplifica come se fosse il più grande megafono del mondo. Nel senso, altre modo detto per intenderci meglio: la tecnologia non può avere colpe.

Zuckerberg non può essere accusato per avercela portata di essere un grande cattivo del mondo, così come non lo si può dire di Bill Gates, Jobs o di chi precedentemente a loro ha creato altre tecnologie, dalla radio al cinema. Faccio un esempio veloce su quest’ultimo che mi chiama facilmente in causa, essendo da sempre la mia materia di studio: quando è nato, il cinema è stato utilizzato all’inizio senza ben capirlo (i fratelli Lumiere dissero che il replicare quello che nella vita era accaduto poche ore prima e rivederlo di nuovo era una cosa inutile). E’ stato utilizzato per comunicare. Poi per creare qualche cosa che possiamo di fatto definire arte. E poi è finito in mano ai regimi per la propaganda sulla guerra. Fine dell’esempio. Idem per la radio. Grande e bellissima musica o propaganda fascista (nel nostro paese purtroppo ne sappiamo qualcosa). La tecnologia va avanti, come la utilizziamo è la nostra più grande delizia o croce. O peggio: colpa.

 

Posso citare ancora una volta Umberto Eco. Consapevole della scarsa neutralità della tecnologia, Eco ci mise in guardia dall’uso che può esserne fatto, soprattutto da parte di coloro che si comportano da imbecilli. La tecnologia, Internet e i nuovi media rispecchiano la nostra realtà e chi noi siamo. Soddisfano le nostre curiosità e la nostra voglia e ricerca di conoscenza ma se la nostra interazione con questi strumenti si basa sulla superficialità e la imbecillità ciò che essi possono produrre non sarà altro che spazzatura.

Torno sulle mie parole di qualche riga sopra: ci fa parlare in bacheca e commentare in pubblico tutto quello che vogliamo. E torno ancora a Eco che più nello specifico dichiarò:

La tecnologia dà diritto di parola a legioni di imbecilli, i quali prima

parlavano solo al bar e commettevano dunque poco danno. 

Se questa sia o non sia libertà non è una risposta che chi scrive sa dare, come forse nessuno può. Che l’utilizzo di una tecnologia sia un diritto per tutti è giusto e sacrosanto, se quella tecnologia esiste (e vado qui invece a ricordare la parole di Steve Jobs che diceva “una tecnologia lo è solo nel momento in cui arriva nella mani di tutti”). Facebbok ha dato diritto di voce a tutti. Compreso gli “imbecilli” di cui parla Eco.

E’ giusto dunque che tutti possano esprimersi? Anche spacciandosi falsamente eruditi su temi dei quali invece non sanno nulla? E sappiamo riconoscerli (il tema delle fake news è fin troppo conosciuto ormai da tutti noi, eppure…)

Una risposta a tutto questo in una sola parola (più avanti nell’articolo)

Capitolo 4. I pro e i contro. Il diritto agli imbecilli: gli haters, i politici e … la privacy.

Arrivano gli haters.

Hater. s. m. e f. Chi, in Internet e in particolare nei siti di relazione sociale, di solito approfittando dell’anonimato, usa espressioni di odio di tipo razzista e insulta violentemente individui, specialmente se noti o famosi, o intere fasce di popolazione (stranieri e immigrati, donne, persone di colore, omosessuali, credenti di altre religioni, disabili, ecc.). Fonte: Treccani

Non mi dilungo troppo sull’argomento degli haters perchè purtroppo tutti ben conosciamo o almeno una volta ci siamo imbattuti con un brutto commento a noi rivolto personalmente, in questo fenomeno. Un fenomeno che dilaga anche grazie all’anonimato che garantisce la rete. Così i maleducati, i violenti e gli odiatori nella vita reale sono semplicemente (si fa per dire) ampliati a dismisura nella vita digitale. Fra chi da sempre chiede un’autenticazione tramite documento di identità per poter creare uno (e uno solo) profilo digitale (in ogni social scelto) e Facebook che invece rivendica la scelta di garantire comunque un anonimato senza il quale fenomeno storici come la primavera araba (molti giornalisti all’epoca scrissero che fra le mille controversie sicuramente Facebook era utile per adunare e combattere contro i regimi) o la denuncia delle donne del #MeToo non avrebbero mai potuto verificarsi in determinati paesi in cui la libertà di parola ed espressione non è così garantita come in una repubblica. Una risposta a tutto questo in una sola parola (più avanti nell’articolo) esiste ma la darò più sotto alla fine di questo capitolo, accennando anche al bullismo giovanile che deriva dal fenomeno degli haters e che lo amplia.

(Alcuni) Utilizzi sociali e utilizzi politici

La primavera araba

È stata un fenomeno di manifestazioni e dissidi pubblici rivoluzionari che ha investito il Nord Africa fra la fine del 2010 e l’inizio del 2011.

Wael Ghonim, noto per aver “scatenato la primavera egiziana” sostiene: «Le Primavere hanno svelato il potenziale di Facebook.» Nel 2011 egli chiamò a radunarsi i contestatori di Mubarak: «Adunandoci in 100mila nelle strade, nessuno ci potrà fermare.» Ne arrivarono 300mila e, secondo Ghonim, la piazza così affollata determinò la caduta del dittatore. Merito di Facebook, dunque. Se Facebook si è rivelato la piattaforma sulla quale hanno viaggiato i contenuti soprattutto tra i manifestanti uniti dal legame di “amicizia” virtuale, va detto che Twitter ha svolto il ruolo di database di aggiornamenti brevi e in tempo reale fruibili in tutto il mondo.

L’utenza di Facebook in Egitto è aumentata considerevolmente passando dai 4 milioni di iscritti rilevati nell’ottobre 2010 ai 6 milioni e mezzo registrati immediatamente dopo la caduta del governo nel marzo 2011.

Il Movimento #MeToo

Nel 2017 arriva poi il #metoo un movimento contro le molestie sessuali e la violenza sulle donne diffuso in modo virale come hashtag per dimostrare la diffusione di violenza sessuale e molestia soprattutto sul posto di lavoro subita dalle donne.

Su Facebook l’hashtag è stato usato in 12 milioni di post da 4,7 milioni di persone nelle prime 24 ore e Facebook riportò che solo negli Stati Uniti, il 45% degli utenti aveva almeno un contatto che avesse scritto un post contenente l’hashtag

Il caso Trump

Nel 2020 davanti alla chiamata a rispondere sul perchè a Trump sia stato permesso a mezzo Facebook di spargere menzogne sull’imminente voto, Zuckerberg si è difeso dicendo che le compagnie digitali non dovrebbero essere “arbitri della verità. Anche al Senato americano Zuckerberg ha dichiarato che la sua è una compagnia tech, non una media company. “Ospitiamo tantissimi contenuti, ma non li produciamo noi”. Si veda anche, per approfondire Scandalo Facebook-Cambridge Analytica.

L’addio alla privacy. Utopia del nostro tempo

E poi la privacy, un ennesimo Contro. Forse. Eh si: la privacy non esiste più. Checchè se ne dica ormai questa parola e il suo significato sono un target utopico della nostra contemporaneità e il demerito è tutto di Facebook e di altri social. O forse è nostro?

La risposta vera è una correlazione di colpe. Come ho scritto ormai molte righe sopra l’avvento di Facebook ci ha colti alla sprovvista perchè nessuno di noi sapeva realmente cosa era, come utilizzarlo e soprattutto dove ci avrebbe portato. Se vedere le foto di famiglia o delle vacanze in casa con amici come un tempo relegava la visione e la messa a conoscenza che quelle foto con tutte le loro informazioni personali esistevano, (senza poterle però duplicare facilmente e portarcele via) pubblicarle su un social le regala per sempre al mondo e senza possibilità di ritorno. Toglierle anche pochi secondi dopo non ci garantisce che qualcuno non le abbia salvate per sempre nel suo device. Inutili sono restrizioni, blocchi, cancellazioni posticce di ciò che è stato pubblicato. Non lo sapevamo, non lo capivamo, ora ne siamo tanto coscienti tanto quanto siamo arresi all’evidenza di una mancanza totale di soluzione (ivi comprese le foto a scadenza, fotografabili con un altro device). Più volte negli anni Facebook ha promesso di mettere rimedio alla questione della privacy, innumerevoli sono i dibattiti da anni e la cause giudiziarie ma la realtà è una sola. Lo abbiamo fatto noi. La colpa, per chi vuole naturalmente vederci una colpa è nostra E di Facebook.

Inizialmente Facebook consentiva solamente di disattivare l’account in modo che non fosse più visibile nel sito e nei motori di ricerca. A partire dal 28 febbraio 2008 l’utente ha avuto a disposizione un’opzione che cancella in modo permanente i suoi dati dai server del sito.

Tuttavia si pensi a foto e video ripresi nella bacheca di altri utenti, o alle foto pubblicate da terzi in cui un utente è taggato, al limite dietro suo consenso. Una volta taggato in una foto, non appena un testo, foto o video è stato copiato nel profilo di altri utenti, questo materiale non può essere eliminato (se non espressamente richiesto all’altro utente amico che può rifiutarcelo), anche quando l’interessato decide di cancellare il suo profilo.

In altre parole se eliminate il vostro profilo, il vostro volto rimane on line nelle foto di guppo che vi siete fatti con gli amici nei profili degli amici.

Alcuni (pochi) sono inorriditi al pensiero, sentendo “noi altri” parlare di queste tematiche e persone dell’età dei miei nonni non si sono mai fatti un profilo (e per la verità neanche mio padre, persona per scelta personale molto distante dalle nuove tecnologie in generale – e certe volte lo invidio). Altri hanno cercato invano di rimuoverle. Avrei voluto intitolare questo Capitolo: “Metti le foto, togli le foto”. La risposta è sempre riconducibile a una sola parola (più avanti nell’articolo)

Timeline a colonna singola del 2013

Alcuni, sono dunque corsi ai ripari della loro privacy capendo che alla fine dei conti non avevano così bisogno di Facebook o di altri social per vivere bene, hanno cancellato il proprio profilo e non sono tornati mai più. Altri hanno fatto lo stesso per poi ripensarci e crearne uno nuovo. Altri ancora ne hanno ridotto l’utilizzo (o sono passati ad altri social, decretando di fatto lo stato attuale di Facebook. Vedremo questo aspetto più avanti). Altri ancora non sono stati affatto interessati a proteggere la loro immagine, le loro foto e la loro privacy. Anzi. Hanno visto nella rete e nella diffusione massiva dei loro volti, corpi, passioni, modi di vivere una grande, sterminata, opportunità. Questo ci porta al capitolo successivo.

Capitolo 5. Arrivano gli influencer

L’influencer è un personaggio popolare in rete, che ha la capacità di influenzare i comportamenti e le scelte di un determinato gruppo di utenti e, in particolare, di potenziali consumatori, e viene utilizzato nell’ambito delle strategie di comunicazione e di marketing” (Fonte: Treccani)

Influencer: da un grande potere derivano grandi responsabilità

Secondo Antonio Latella, gli influencer dovrebbero: «Essere responsabili e consapevoli che ogni loro gesto, ogni loro discorso potrebbe determinare il comportamento di migliaia di followers. Gli influencer, siano essi personaggi del mondo dello spettacolo, giornalisti, politici, intellettuali e, perché no, musicisti, attori e volti noti della tv, nel momento in cui si pongono davanti a una camera per esprimere liberamente il proprio pensiero, hanno l’obbligo di avvertire il peso della responsabilità per ogni loro parola, per ogni loro atteggiamento o consiglio.

Questa nuova vetrina di fama, espone modelli che diventano un simbolo per milioni di utenti, in particolare adolescenti, scatenando il desiderio di emulazione. O forse, il problema di questo desiderio che porta troppo spesso a omologazione, perdita della propria identità, problemi di accettazione sociale, ansia sociale. Anche a questo, la risposta è la stessa.

In una sola parola (più avanti nell’articolo)

Ma chi è influenzabile e perchè? Se riflettiamo sappiamo bene la risposta. Lo è chi non dispone di conoscenze sufficienti a orientarsi nelle difficoltà di oggi. Così la società finisce per polarizzarsi, ad esempio, tra pro vax e no vax come abbiamo visto recentemente, tutti mediamente privi di strumenti di valutazione scientifica e perciò tutti fortemente influenzabili.

Capitolo 5.1 Non è un Dolby Sorround ma fa molto rumore. Il fenomeno delle Stories.

Intorno al 2017 sono arrivate la Storie su Instagram (e di conseguenza su Facebook, social che allo stato attuale per i più rilancia quello che viene fatto su Instagram). Devo dire che all’inizio non capivo affatto il meccanismo. Poi ho realizzato l’assurda verità. Pubblicare una foto su Facebook non garantiva che qualcuno la vedesse. Quel qualcuno al quale eravamo magari. interessati in maniera morbosa, di una morbosità moderna scaturita dal poter vedere e sapere tutto di tutti attraverso il social. Una storia dura 24h (e all’inizio pensavo e lo ritengo ancora che mai nome più sbagliato fu dato a qualcosa che di tutto sa tranne che di una storia ben costruita). Se viene visualizzata si vede e si vede chi la visualizza. Questa moderna follia ha portato alcuni (a mio avviso ahimè motli) nel turbine dell’esibizionismo più estremo. Gli influencer più bassi hanno esposto solo i loro copri e la loro (finta) vita da mega miliardari. Molti giovani si sono fottuti il cervello nel tentativo vano di emularli e non avendo gli strumenti di cui accennavamo sopra, cioè quelli atti a riconoscere il vero dal falso di una fake news, ma anche il vero dal falso di una vita esibita e ostentata, che pretende visualizzazioni, ostentazioni, emulazioni e alla fine… delusioni. Anche questo fenomeno ha a mio avviso una sola e unica risposta, che finalmente scrivo nel capitolo successivo.

 

Capitolo 6.

ECCOLA. Una sola risposta, in una sola parola (ma anche 4).

L’ho scritta col rosso molte righe sopra dove ho parlato di haters, bullismo digitale e aggiungo anche revenge porn, diffamazione. Ma anche privacy, utilizzo politico, rispetto per gli altri, ostentazione di ricchezza, manie di emulazione, finzioni, delusioni, non accettazione di se, specie nei giovani e depressione che ne consegue.

La risposta a tutti questi problemi è nella FORMAZIONE.

Nella conoscenza, nella cultura delle cose. Nell’educazione.

Si torna al problema reale: è sempre un fatto di formazione. Il problema va risolto nell’educazione alla base e per base intendo fin da subito: nella scuola. Esattamente come per altre tematiche come l’inclusione e la diversità, l’accessibilità e il rispetto del prossimo (ma nel nostro paese in parlamento fanno gli applausi affossando le leggi in merito a questi temi). E qui subentra il secondo problema. Chi dovrebbe trasmettere queste culture è una classe di insegnanti per la maggior parte definibili intanto quasi degli analfabeti digitali (finora). Un problema troppo grande per poterlo affrontare in questo articolo già adesso fin troppo corposo e che diventerebbe un saggio più lungo di un romanzo.

Landing page al 2015
La vera formazione nelle scuole e in ogni spazio possibile di questa società che stiamo vivendo è nell’insegnamento che ognuno di noi è unico in se stesso, non ha bisogno nè di essere influenzato nè di influenzare. Non deve cercare la ricerca di un’accettazione sociale nell’omologazione di modi di parlare, vestire, comportarsi ma sempre nella sua unicità, qualsiasi sia il suo corpo, il suo pensiero se espresso con rispetto, la sua etnica, credo, religione, sessualità, identità.

Un grande aiuto in tutto questo viene però ancora una volta, non dalla politica, non dalla società, non dalla scuola, ma di nuovo dagli influencer stessi. Quelli buoni. I divulgatori scientifici. Che affrontano i temi della sessualità, della società civile, della geopolitica, dell’uguaglianza, della psicologia, dell’accessibilità, del valore dell’ambiente e della cultura che è l’unica vera grande livella sociale che anche in un social ci può rendere tutti uguali.

Capitolo 7. Nuovi social. Chi utilizza cosa?

Intermission. Una LISTA dei Social Network più famosi e utilizzati

1. Facebook
Facebook è il social network più grande e popolare al mondo, fondato nel 2004 da Mark Zuckerberg. Con oltre 2,8 miliardi di utenti attivi mensilmente, Facebook permette agli utenti di creare un profilo personale, condividere post, foto, video e messaggi con amici e conoscenti, partecipare a gruppi e pagine di interesse, e molto altro ancora.

2. Instagram
Instagram è un social network incentrato sulla condivisione di foto e video, fondato nel 2010 da Kevin Systrom e Mike Krieger. Con oltre 1 miliardo di utenti attivi mensilmente, Instagram offre una piattaforma per gli utenti di condividere foto e video, utilizzare filtri e effetti per migliorare le immagini, interagire con altri utenti attraverso like e commenti, e molto altro ancora.

3. Twitter, ora X
Twitter è un social network incentrato sulla condivisione di brevi messaggi, fondato nel 2006 da Jack Dorsey. Con oltre 330 milioni di utenti attivi mensilmente, Twitter permette agli utenti di condividere messaggi di testo di massimo 280 caratteri, chiamati “tweet”, interagire con altri utenti attraverso retweet e risposte, seguire account di interesse, e molto altro ancora.

4. LinkedIn
LinkedIn è il social network professionale più grande al mondo, fondato nel 2002 da Reid Hoffman. Con oltre 740 milioni di utenti attivi mensilmente, LinkedIn offre una piattaforma per gli utenti di creare un profilo professionale, cercare lavoro, connettersi con colleghi e potenziali datori di lavoro, partecipare a gruppi di interesse, e molto altro ancora.

5. TikTok
TikTok è un social network incentrato sulla creazione e condivisione di brevi video, fondato nel 2016 dalla società cinese ByteDance. Con oltre 1 miliardo di utenti attivi mensilmente, TikTok offre una piattaforma per gli utenti di creare e condividere video musicali, utilizzando una vasta gamma di effetti e filtri, interagire con altri utenti attraverso like, commenti e condivisioni, e molto altro ancora.

6. Snapchat
Snapchat è un social network incentrato sulla condivisione di foto e video temporanei, fondato nel 2011 da Evan Spiegel, Bobby Murphy e Reggie Brown. Con oltre 280 milioni di utenti attivi mensilmente, Snapchat offre una piattaforma per gli utenti di condividere foto e video che scompaiono dopo pochi secondi, utilizzare filtri e effetti per migliorare le immagini, interagire con altri utenti attraverso messaggi e storie, e molto altro ancora.

7. YouTube
YouTube è il social network più grande al mondo incentrato sulla condivisione di video, fondato nel 2005 da Chad Hurley, Steve  Chen e Jawed Karim. Con oltre 2 miliardi di utenti attivi mensilmente, YouTube permette agli utenti di caricare, visualizzare e condividere video su una vasta gamma di argomenti, dai tutorial di trucco ai video musicali, dalle recensioni di prodotti alle lezioni universitarie. Gli utenti possono anche interagire con altri utenti attraverso like, commenti e condivisioni.

8. WhatsApp
WhatsApp è un’app di messaggistica istantanea fondata nel 2009 da Jan Koum e Brian Acton. Con oltre 2 miliardi di utenti attivi mensilmente, WhatsApp offre agli utenti la possibilità di inviare messaggi di testo, foto, video, messaggi vocali e chiamate vocali e video gratuite a utenti di tutto il mondo. La piattaforma è stata acquisita da Facebook nel 2014.

9. Pinterest
Pinterest è un social network incentrato sulla condivisione di immagini, fondato nel 2010 da Ben Silbermann, Paul Sciarra e Evan Sharp. Con oltre 400 milioni di utenti attivi mensilmente, Pinterest offre una piattaforma per gli utenti di creare e condividere “bacheche” tematiche di immagini, come ad esempio idee di ricette, di design d’interni o di viaggi. Gli utenti possono anche interagire con altri utenti attraverso like e commenti.

10. Reddit
Reddit è un social network incentrato sulla condivisione di contenuti, fondato nel 2005 da Steve Huffman e Alexis Ohanian. Con oltre 430 milioni di utenti attivi mensilmente, Reddit offre una piattaforma per gli utenti di condividere notizie, immagini, video e link su una vasta gamma di argomenti, partecipare a discussioni nei commenti, creare comunità tematiche (chiamate “subreddit”), e molto altro ancora.

11. WeChat
WeChat è un’app di messaggistica istantanea fondata nel 2011 dalla società cinese Tencent. Con oltre 1,2 miliardi di utenti attivi mensilmente, WeChat offre agli utenti la possibilità di inviare messaggi di testo, foto, video, messaggi vocali e chiamate vocali e video gratuite, oltre a offrire una vasta gamma di funzionalità come il pagamento mobile, la prenotazione di taxi e molto altro ancora.

12. Tumblr
Tumblr è un social network incentrato sulla condivisione di contenuti multimediali, fondato nel 2007 da David Karp. Con oltre 400 milioni di utenti attivi mensilmente, Tumblr offre una piattaforma per gli utenti di condividere immagini, video, testo e link su una vasta gamma di argomenti, partecipare a conversazioni nei commenti, e seguire altri utenti di interesse.

13. Skype
Skype è un’app di messaggistica istantanea e di videochiamata fondata nel 2003 da Niklas Zennström e Janus Friis. Con oltre 300 milioni di utenti attivi mensilmente, Skype offre agli utenti la possibilità di inviare messaggi di testo, effettuare chiamate vocali e video gratuite e a pagamento, oltre a offrire funzionalità di conferenza  chiamata e condivisione dello schermo. Nel 2011, Skype è stata acquisita da Microsoft.

14. Twitch
Twitch è una piattaforma di streaming live, fondata nel 2011 da Justin Kan e Emmett Shear. Con oltre 140 milioni di utenti attivi mensilmente, Twitch offre agli utenti la possibilità di trasmettere in diretta videogiochi, eventi sportivi, concerti e altro ancora. Gli utenti possono anche interagire con gli streamer attraverso chat e donazioni.

15. Telegram
Telegram è un’app di messaggistica istantanea fondata nel 2013 da Pavel Durov. Con oltre 500 milioni di utenti attivi mensilmente, Telegram offre agli utenti la possibilità di inviare messaggi di testo, foto, video, messaggi vocali e chiamate vocali e video gratuite, oltre a offrire funzionalità di crittografia end-to-end e la creazione di canali tematici.

 


 

Una critica. Quale social scegliere?

La Generazione X, ossia i nati tra il 1965 e il 1980, e per le persone nate tra il 1980 e 1995, i Millennials, scelgono e rimangono su Facebook mentre come sappiamo oggi i più giovani sono soliti utilizzare altri social network come Instagram e soprattutto, nell’anno corrente TikTok.

Tra le piattaforme che oggi sono utilizzate in maniera più trasversale tuttavia, per come permettono di condividere contenuti multimediali di vario genere c’è e rimane YouTube.

Capitolo 8. Altri spunti per riflettere

Molti Film si sono già occupati del tema dei Social. 

Grazie all’incredibile popolarità della sua idea, la storia del fondatore di Facebook è diventata un film, “The Social Network”, nel 2010; non solo: la biografia dell’imprenditore statunitense e le origini di Facebook sono oggetto di numerosi libri.

Il docufilm del 2020 “The Social Dilemma”, che approfondisce gli aspetti potenzialmente più pericolosi dei social, sia per quanto riguarda la dipendenza che provocano nei più giovani sia per quanti riguarda i danni che possono fare nella società (come la diffusione di teorie complottistiche o l’uso che ne fa la politica).

I social oggi e cosa è accaduto negli ultimi anni.

L’arrivo delle nuove generazioni che sono nate con i social in mano ha portato qualcosa di nuovo, non necessariamente positivo. Ma neanche necessariamente negativo.

La possibilità per tutti di dire tutto era sicuramente già sfuggita di mano da anni (e forse Umberto Eco l’aveva prevista, proprio come Fellini previde l’avvento della tv spazzatura). Avere un social network, possedere la propria “pagina internet”, dovrebbe dare libertà ma anche responsabilità. La prima fortemente e giustamente rivendicata, ma la seconda troppo spesso trascurata, sempre per mancanza di cultura e per lo scudo che conferisce un certo anonimato.

Oggi Facebook vive una fase di incertezza crepuscolare, dopo un rebranding in favore di un progetto, quello del metaverso, che fin qui è stato un disastro economico e di immagine, un brusco taglio di più di 20mila dipendenti e una rilevanza dei suoi prodotti, già in calo da qualche anno, messa ulteriormente alla prova dalla concorrenza spietata di TikTok. Per quasi due decenni Facebook è stato un punto di riferimento culturale impossibile da ignorare, mentre oggi esiste anzitutto come simulacro di una fase più primitiva, forse più ingenua, dell’era del content e della viralità.

 

Evoluzione del logo di Facebook negli anni
Conclusioni in numeri

Crescita di Facebook dal 2008 al 2020. Fonte: Wikipedia

 

Data Utenti Raggiunti in (giorni) Crescita mensile
26 agosto 2008 100 milioni[79] 1665 178,38%
8 aprile 2009 200 milioni[80] 225 13,33%
15 settembre 2009 300 milioni[81] 160 9,38%
5 febbraio 2010 400 milioni[82] 143 6,99%
21 luglio 2010 500 milioni[83] 166 4,52%
5 gennaio 2011 600 milioni[84] 168 3,57%
30 maggio 2011 700 milioni[85] 145 3,45%
22 settembre 2011 800 milioni[86] 115 3,73%
24 aprile 2012 900 milioni[87] 215 2,05%
4 ottobre 2012 1 miliardo[88] 163 1,63%
31 dicembre 2013 1 miliardo e 230 milioni[88] 275 0,97%
31 dicembre 2014 1 miliardo e 390 milioni[88] 365 0,64%
27 giugno 2017 2 miliardi[89] 1000
26 luglio 2018 2,3 miliardi[90] 365 1,30%
ottobre 2020 2.7 miliardi[90] 800 1,50%

 

Dati aggiornati a ottobre 2020
Pos. Paese Iscritti Percentuale della popolazione iscritta a Facebook
India 310 milioni 20%
Stati Uniti d’America 190 milioni 65%
Indonesia 140 milioni 62,5%
Brasile 130 milioni 51%
Messico 92 milioni 71%
Filippine 81 milioni 66%
Vietnam 65 milioni 61%
Thailandia 50 milioni 75%
Egitto 44 milioni 55%
10ª Bangladesh 39 milioni 62%

 

Stefano Chianucci

E firmando, questa volta, non posso che linkare questo: Facebook

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