DonneDisney #4: 1989- La Sirenetta: la teen-princess, adolescente e figlia

Dopo una serie di film fallimentari la Disney, apparentemente priva ormai del suo tocco magico, decise di riprendere in mano un progetto incompiuto dello stesso Walt: un riadattamento de La Sirenetta di Hans Christian Andersen. Gli studios speravano di ritrovare il loro lustro unendo la magia e il respiro epico dei Grandi Classici del passato con le esigenze culturali dei tempi moderni. Così, dopo 30 anni da Aurora (potete trovare qui il nostro ultimo speciale su La bella addormentata nel bosco) nacque una nuova Principessa: Ariel. La Sirenetta spalanca le porte del cosiddetto Rinascimento Disney creando una nuova formula, quella del racconto musicale in stile Broadway, di cui ancora oggi vediamo gli effetti.

Una nuova generazione

Già dai lunghi capelli rossi capiamo che ci troviamo di fronte ad una nuova frontiera di inesplorata di “principessitudine”.

Dopo la morte di Walt le anime giapponesi conoscono una vera esplosione nel mondo occidentale, contribuendo a mutare il gusto delle nuove generazioni e imponendo nuovi canoni di bellezza anche nei film disneyani. Ariel è la prima eroina a cui vengono ingranditi a dismisura gli occhi. Ella mostra il suo corpo molto più delle altre principesse; sicuramente si tratta di una scelta obbligata per una sirena, ma se le ragioni sono dettate dalla credibilità del personaggio, la scelta dei dettagli è modernamente e volutamente seduttiva. Ariel è la prima principessa ad avvertire la noia: è annoiata del suo mondo sottomarino ed è affascinata da quello degli umani per raggiungere il quale disubbidisce al padre, diventando la prima principessa ribelle, animata dalla curiosità e dal teen spirit. La bella sirena non vuole attendere che il destino le cambi la vita ma vuole vivere da protagonista e conquistare l’amato. È lei a cercare di raggiungerlo e di stare al suo fianco. La Sirenetta è la perfetta incarnazione dell’agenda post-femminista. Mentre i desideri e le ambizioni della principessa sono in gran parte senza precedenti all’interno del canone Disney, la pellicola riordina i suoi obiettivi così come il post-femminismo ha riordinato gli obiettivi delle donne americane.

Ariel: la teen-princess

Il temperamento di Ariel è un’assoluta novità per la Disney che aveva abituato i suoi spettatori a principesse perfette e senza difetti; lei invece si scompone, è simpatica, irriverente, buffa e ha delle particolarità (come quella di mordersi spesso il labbro) che la rendono, paradossalmente la più umana vista fin’ora. Un bel primato per una sirena!

Ariel è dipinta a immagine e somiglianza della classica teen ager: curiosa, disubbidiente, sfrontata ma ancora impaurita per il giudizio di suo padre. Solo dopo che lui rinnega ciò che lei ama decide di opporsi definitivamente e seguire la sua strada, mostrando così un forte desiderio di indipendenza e un grande coraggio, totalmente in linea con la filosofia del “Girl Power”. 

Ariel è assolutamente moderna anche nel modo di innamorarsi. Chiaramente anche lei ha il colpo di fulmine, ma chi non lo ha avuto a 16 anni? Quello che, però, la rende diversa dalle altre è che la sua sembra da subito una classica cotta da teenager. Lontana dalle sviolinate romantiche e dalle canzoni d’amore cantate a 2 voci a prima vista, Ariel incontra Eric per puro caso e arrossisce con lo sguardo ebete tipico da “sbandata”.  Si relaziona a lui come una ragazzina degli anni 80/90 farebbe col suo idolo pop del momento. In effetti per lei quel principe è l’incarnazione di qualcosa di mitico, irraggiungibile, figlio di un mondo a cui lei non appartiene ma di cui vorrebbe tanto far parte. Certo lei non ha i poster, ma il modo che ha di parlare con la statua del suo principe si avvicina indiscutibilmente a quello che qualunque teen ager a cavallo tra 80/90 ha avuto con i manifesti usciti dal Cioè.

Daddy

La cifra innovativa assolutamente vincente è una nuova narrazione molto più vicina al reale: anche per le principesse non è tutto rosa e fiori; la Sirenetta è “una di noi” e proprio per questo è entrata nel cuore di tutte le bambine. Il rapporto conflittuale con la figura genitoriale qui per la prima volta è portato alla luce. E cosa c’è di più universale se non le dinamiche familiari controverse, proprie di qualsiasi adolescente. Nasconde i suoi segreti al padre, lo teme, lo ama, lo sfida, gli disubbidisce. E’ la prima principessa in assoluto perfettibile, imprevedibile, provocatoria, che si permette di sfidare la famiglia mettendo a rischio la sua stessa vita. Il rapporto padre/figlia è reso con grande aderenza alla realtà. Non c’è distanza tra loro, benché siano di rango reale. La loro relazione è viscerale, stretta e quantomai sincera. Non a caso lei è l’unico personaggio che chiama il padre “Daddy”. Un vezzeggiativo nuovo, non comune, ma che racconta con grande immediatezza una tenerezza e una vicinanza e un amore inusuale. Tritone è un re possente, fisicamente imponente, severo e austero, ma anche lui nella relazione con la figlia si tradisce svelando fragilità e insicurezza. La sua figlia preferita (perché nelle favole è concesso anche questo e nessuno se ne preoccupa) lo sbilancia facendo traballare il suo tridente. Disney strizza l’occhio alla trasformazione educativa manifestatasi a cavallo degli anni ’80. I padri escono dalla visione patriarcale che li vorrebbe ancora padroni, capi famiglia severi e assenti e cercano di trovare un nuovo equilibrio tra l’essere una guida e il godersi la paternità come fonte di amore e dolcezza. Così Tritone si mostra nelle sue parti più umane rivelandoci che i genitori, anche quando sembrano tutti di un pezzo, hanno le loro insicurezze.

 

L’illusione adolescenziale, la punizione, la ribellione

 

Ariel: scommetto che sulla terra le figlie non le sgridano mai…

 

Immagino tutte le “figlie sulla terra” in questione risponderle in coro: Si, magari! Anche i nostri padri ci sgridano! Questo dialogo costante con pubblico che può partecipare empaticamente alla vicenda come mai prima, rende La Sirenetta un capolavoro immortale. Per la prima volta ci si può immedesimare in un personaggio femminile iconico. Finalmente la principessa si è avvicinata a noi per lamentarsi di tutto ciò che non le va. Sarà forse la più distante perché vive negli abissi, ma non abbiamo mai avuto una principessa tanto vicina.

Come tutti gli adolescenti ha dei sogni, delle illusioni, delle aspettative e tanta fame di prendersi ciò che desidera ora e subito, condita dalla certezza di non essere compresa dalla sua famiglia. Ed è la ribellione che la porta a prendere delle decisioni più dell’amore verso il suo principe. La scelta di Ariel di andare da Ursula non arriva previa meditata riflessione, ma a seguito del gesto d’ira del padre: Tritone le disintegra col suo tridente tutta la sua collezione di tesori del mondo degli umani e lei, per ripicca, immediatamente, si lascia convincere dalle murene ad andare dall’acerrima nemica del padre. Ariel sa che questo è il gesto che più di tutti può ferire e preoccupare il padre: la forma di disubbidienza più alta e pericolosa che potesse scegliere di mettere in atto.

Il re prima del principe

La storia d’amore della Sirenetta è senz’altro innovativa: al primo incontro lei salva lui da un naufragio e già questo ribalta i paradigmi amorosi a cui eravamo abituati. A parte questo non ha niente di memorabile a mio avviso: Eric è un principe piuttosto stordito dato che, nonostante viva con Ariel per 3 giorni, non capisce che è lei la ragazza che gli ha salvato la vita. Forse si riprende sul finale quando con un colpo di timone indirizza un palo appuntito di un relitto nel ventre della Strega del mare salvando tutti. La storia si concluderebbe così se non fosse per l’intervento del Re del mare.

Tritone: sembra sul serio molto innamorata, non è vero Sebastian?

Sebastian: Lo vede? e poi non mi dica che non l’ avevo avvertita maestà: i giovani devono essere lasciati liberi di scegliersi il loro avvenire. 

Tritone: Sei proprio sicuro di avermelo detto? Bene, ora non rimane che una cosa da risolvere…

Sebastian: di che si tratta Maestà?

Tritone: Quanto sentirò la sua mancanza Sebastian.

 

Tritone comprende le reali motivazioni della figlia, capisce di essere stato troppo severo ed intollerante e le fa il regalo più grande che potesse farle: lasciarla libera di scegliere di andarsene. Permette così ad Ariel di coronare non solo il suo sogno d’amore con il principe ma, soprattutto, di fare esperienza di quel pericoloso mondo da cui era così affascinata e che ha fortissimamente voluto conoscere. L’abbraccio di addio tra padre e figlia è tra i più struggenti dell’intera filmografia Disney. Tutti noi siamo contenti per lei ma ci poniamo il dubbio che stia facendo la scelta giusta. L’intenso, profondo e radicato amore tra padre e figlia è in fin dei conti il leitmotiv dell’intero film che si snoda minuto dopo minuto nelle sue problematiche pieghe. La relazione di coppia si intrufola nella narrazione pregressa del rapporto tra Ariel e Tritone. Non a caso l’ultima battuta del film è proprio “I love you Daddy”: Ariel sceglie di “camminare sulle proprie gambe”, come ogni figlio è tenuto a fare, ma ci lascia con un congedo pieno di amore e riconoscenza verso il padre, primo vero ed immutabile amore.

Serena Politi

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