Ho letto e riletto le parole di Marco Travaglio:
«Giorgia Meloni aveva evocato sprezzante il weekend lungo e l’ha avuto: due giorni di manifestazioni in tutte le piazze d’Italia, con quasi tre milioni di cittadini».
Mi sono chiesto se davvero, in questo Paese, ci rendiamo conto di cosa significhi vedere milioni di persone in strada — pacifiche, determinate, colorate — che manifestano non per un partito, ma per l’essere umano. Le manifestazioni pacifiste e civili del 3, 4 e 5 ottobre sono state la cosa più bella che abbia visto in questi anni, la prova tangibile che la coscienza collettiva non è morta, nonostante chi governa faccia di tutto per convincerci del contrario.

In molte città italiane la scena è stata la stessa:
«A Milano i manifestanti pacifici isolano i violenti incappucciati in Tangenziale».
«Tanti giovani in piazza: un serpentone lungo chilometri. Poi spuntano gli incappucciati, ma i manifestanti li isolano (Roma)».
«La Toscana in piazza per la Palestina: a Firenze un corteo lungo due chilometri».
Non servono altre parole. È basta guardare le immagini per capire che la parte migliore di noi esiste ancora.
Qualche individuo, come sempre, ha tentato di intestarsi il merito o di rivendicare una presenza ideologica nelle piazze, ma le persone hanno manifestato proprio per liberarsi da qualsiasi appartenenza di colore politico. E mentre il Paese respirava un’aria nuova di partecipazione civile, da chi “non li ha visti arrivare” per cit. Travaglio fioccavano i commenti più piccoli e meschini.
«Meloni vuole sapere i costi degli scioperi per Gaza e la Flotilla: poi ne parlerò agli italiani»
Peccato che con gli italiani non ci parla mai, se non attraverso la lente distorta dei social e della propaganda.

Il mio ragionamento, però, non vuole fermarsi sul piano politico. Non mi interessa l’ennesimo scontro tra destra e sinistra: mi interessa l’essenza, il valore umano. Quelle persone in piazza — famiglie, giovani, anziani — hanno voluto semplicemente affermare il diritto a dissentire, senza darsi alcun confine, senza razze, senza religioni. Hanno interpretato alla lettera la nostra Costituzione, più di chi la cita solo per convenienza.
E se nel frattempo, Salvini tuonava: «Se illegittimo, chi bloccherà pagherà».
E la Meloni ironizzava: «Weekend lungo e rivoluzione non vanno insieme».
Parole che si commentano da sole. Tanto più se pensiamo che, mentre si indignavano per le piazze, il governo preparava la “settimana corta per i deputati” e il venerdì libero in Parlamento. É chiara la paura della piazza, e più alto è il livello di isteria e follia nelle dichiarazioni (vergognose) più quella piazza ha avuto il suo effetto.

Natalino Balasso, con la sua lucidità tagliente, ha centrato il punto:
«La presidento vuol sapere quanto sono costati i cortei. Cosa significa poi? Quanto costa la vita? Tuttavia essa tace su quanto costano i suoi viaggetti coi parenti. Quanto è costato il fallito liceo del Made in Italy? Quanto è costata l’inutile prigione per cittadini liberi in Albania? Quanto costano le armi che dobbiamo continuare a produrre? Quanto ci è costato leccare il culo a Trump?».
Anche Corrado Formigli, ha aperto l’ultima puntata di Piazza Pulita senza giri di parole:
«La premier dimentica gli italiani, deride chi non la pensa come lei, ma è la presidente di tutti». E ancora: «Quello che colpisce più di tutto è che di fronte a una palese violazione delle leggi, una detenzione illegale, i nostri concittadini vengano derisi, delegittimati, considerati irresponsabili e attaccati pubblicamente».
La “Flottiglia per Gaza” è salpata a fine agosto con più di 50 barche e partecipanti provenienti da 44 Paesi, partiti da Barcellona, Genova, Tunisia, Catania, Siro. Un’iniziativa di respiro internazionale, non certo pensata contro il governo italiano. Eppure, come sempre, i nostri rappresentanti hanno cercato di mettersi al centro del mondo, trasformando un gesto di pace in un attacco personale. È decisamente grottesco oltre che meschino.
Quello che più mi ha colpito, però, è stata la presenza di famiglie e bambini. La voglia di esserci, di riconoscersi in un’umanità comune senza doversi etichettare. È qui che le destre affonderanno, ed è qui che le sinistre dovrebbero imparare ad ascoltare: quella fiumana umana non vuole padroni né simboli, vuole solo restare umana. Chi cercherà di trasformarla in voti la perderà, e la disperderà più in fretta di una carica della polizia.

Siamo stanchi di avere sempre bisogno di una guida, e la stanchezza si vede anche nelle urne. In Calabria, proprio nel weekend delle manifestazioni, ha rivinto la destra — quella da sempre infiltrata dalla n’dragheta e segnata da scandali e arresti — con un’affluenza poco più altra del 40%. Significa che quelle persone in piazza non voteranno, ma continueranno a parlare. E questo è il vero fallimento della politica italiana: aver reso il voto un gesto inutile, mentre la partecipazione civile trova e troverà altre strade per esprimersi.
Chi parla di sicurezza e degrado, e usa queste parole come scudo per giustificare guerre o repressioni, mente sapendo di mentire. Una guerra, qualunque essa sia, è la più grande minaccia alla sicurezza di tutti, anche di chi oggi si sente al sicuro. E il degrado non nasce da chi protesta o sopravvive, ma da chi volta lo sguardo davanti all’ingiustizia.
A quella manifestazione mancavano però tanti altri: i lavoratori precari, gli sfruttati, quelli che non possono scioperare perché un contratto di un mese, o di una settimana, non glielo consente. Quelli che rischierebbero il posto solo per esserci. E mentre Salvini minaccia gli scioperanti, in questo Paese c’è chi vive otto rinnovi di contratto in un anno. Dov’è la libertà, dov’è la democrazia se non puoi nemmeno permetterti di dissentire?
E poi ci sono i finti liberali, quelli che gridano subito allo scandalo per uno sciopero pacifico, mentre difendono solo i propri interessi di categoria. Famiglie, bambini, lavoratori: a loro dico grazie. Perché avete avuto il coraggio di essere presenti, di cantare insieme — sì, anche A bocca chiusa di Daniele Silvestri, col suo silenzio potente (una delle tante intonate dal corteo) — di mostrare che la coscienza collettiva non è un reato.
Quello che resta è la bellezza poetica e inscalfibile di un popolo che non si arrende. Rimangono i colori nitidi, le mani alzate, gli sguardi fieri. Rimane la certezza che chi parla di ordine e sicurezza, ma semina paura e odio, sta già scivolando verso l’abisso.
L’Argante sta, e continuerà a stare, dalla parte della resistenza umana e civile. Dalla parte della pace, della verità, della solidarietà tra i popoli. Sogniamo e raccontiamo un mondo senza confini, dove chi ha di più aiuti chi ha di meno, e chi massacra o censura sia ricordato solo come un errore della storia.
La tirannia, la guerra e il potere cieco sono difetti dell’uomo, ma la maggioranza — quella che abbiamo visto nelle piazze italiane — può e deve fare la differenza. Isolando chi impone la violenza, non con l’odio ma con la forza dell’intelligenza, con la dignità di chi ha scelto di restare umano.
Marco Giavatto





