L’Argante 222 – Music on vinyl – David Bowie “Five years (1969-1973)”

Nel 2015 la Parlophone pubblicava il primo box di un progetto ambizioso, monumentale, destinato a lasciare il segno tra gli scaffali dei collezionisti e nei cuori degli appassionati di David Bowie. Si intitolava Five Years 1969–1973, ed era il primo cofanetto di una serie pensata per ripercorrere, con metodo filologico, l’intera discografia dell’artista in vinile. Non solo una raccolta. Una dichiarazione d’intenti: ristampare fedelmente, restaurare con eleganza e consegnare al pubblico il catalogo completo del Duca Bianco nel formato più nobile, il vinile da 180 grammi.

Ora, nel settembre del 2025, esattamente dieci anni dopo quella prima uscita, uscirà il sesto e ultimo box della serie. E mentre celebriamo la chiusura di questo arco temporale che ha accompagnato Bowie dalla fine degli anni Sessanta fino ai suoi ultimi lavori, vale la pena tornare là dove tutto è iniziato. Five Years, infatti, è più di un cofanetto. È il cuore pulsante del Bowie che si fa leggenda.


Le origini del suono e del mito

Quei cinque anni racchiusi nel box (dal 1969 al 1973) sono un periodo irripetibile. Lì si consuma la metamorfosi dell’artista: da giovane cantautore folk con la testa tra le stelle a profeta glam in tuta scintillante, alter ego extraterrestre, demiurgo del rock teatrale.
Il cofanetto Five Years è composto da sei album fondamentali per la storia del rock, ristampati in vinile con qualità audio altissima, perfettamente riprodotti nelle grafiche e negli inserti originali. È un lavoro fatto con dedizione, da mani che conoscono e amano il vinile (quelle di Bowie stesso, che iniziò l’operazione di ristampa di tutta la sua discografia, supervisionandola, per poi ahimè lasciarci già l’anno dopo).  Ogni disco contenuto è una replica perfetta dell’edizione originale, ma con una pulizia sonora che riesce a valorizzare ogni arrangiamento, ogni passaggio vocale, ogni sfumatura.


Un viaggio disco per disco

Tutto comincia con David Bowie (1969), noto anche come Space Oddity. È l’album in cui Major Tom prende il volo, e con lui Bowie. Il suono è ancora incerto, ma poetico. Il vinile restituisce tutta la tenerezza e lo straniamento di quei brani sospesi tra folk e psichedelia cosmica.

Segue The Man Who Sold the World (1970), dove le chitarre si fanno dure, sabbiose, quasi metalliche. È il disco più oscuro, quello in cui Bowie guarda nei suoi abissi e li canta con una voce che sa di profezia. Il vinile amplifica la profondità del mix, rendendo giustizia alla potenza della band e ai riff devastanti.

Poi arriva Hunky Dory (1971), che è come un soffio di luce. Qui Bowie si fa cantautore pop da camera, con un’eleganza mai più eguagliata. E con pezzi come “Changes”, “Life on Mars?”, “Oh! You Pretty Things” raggiunge per la prima volta il capolavoro. Sono già inni, ma ascoltati oggi in questa versione analogica sembrano ancora più nitidi, intimi, taglienti. Il pianoforte si stacca dalla parete sonora come fosse lì con te, nella stanza.

Con The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (1972) nasce il mito. Bowie diventa Ziggy, e la musica diventa rito. Questo vinile è un’esperienza sensoriale nonchè primo concept album. Le chitarre tagliano, la voce si libra come un urlo dallo spazio, e “Starman” ancora oggi fa venire i brividi al primo ascolto.

Aladdin Sane (1973) è la prosecuzione lucida e schizofrenica di Ziggy. Più jazzato, più folle, più arrabbiato. Il piano di Mike Garson in “Lady Grinning Soul” e “Time” è semplicemente devastante. In vinile suona come un temporale teatrale che scroscia improvviso sul palco.

Chiude la raccolta Pin Ups, album di sole cover che omaggia le radici del beat britannico: The Who, The Kinks, Pretty Things, Syd Barrett. È un disco sottovalutato, eppure nel contesto del box diventa la chiusura perfetta: un saluto ironico e affettuoso a ciò che è stato. Bowie si diverte, gioca, riflette se stesso negli altri. E lo fa con classe. E con live e videoclip strepitosi.

Dieci anni dopo, sei cofanetti dopo

Nel 2015 questo box era un atto d’amore. Dieci anni dopo, Five Years è diventato l’inizio di un’epopea. La serie è poi proseguita con Who Can I Be Now? (1974–1976), A New Career in a New Town (1977–1982), Loving the Alien (1983–1988), Brilliant Adventure (1992–2001) e ora, nel 2025, si conclude con I can’t give everything away (2002–2016), che abbraccia i lavori finali fino a Blackstar, uscito pochi giorni prima della morte dell’artista.

Il cofanetto Five Years resta, però, il cuore pulsante dell’intera operazione. È lì che tutto comincia. È lì che Bowie scopre il suo linguaggio, i suoi travestimenti, le sue ossessioni. È lì che diventa leggenda.


Il video dedicato è sul mio canale YouTube

Per chi vuole vedere nel dettaglio ogni disco, ogni copertina, ogni piccolo segreto di questo box, sul mio canale YouTube trovate il video completo dedicato a Five Years 1969–1973.
È il primo di una serie: nei prossimi mesi porterò sul canale anche le recensioni approfondite degli altri cinque cofanetti. Perché la storia del Duca Bianco va ascoltata, certo, ma anche raccontata e vista. Iscrivetevi, condividete e restate con me per questo viaggio nel tempo, nella musica e nell’arte. Perché Bowie non è solo un musicista. È un universo. E questo cofanetto, dieci anni dopo, è ancora il suo Big Bang.

Stefano Chianucci

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