L’Argante #61 II Netflix e le serie animate: le infinite possibilità espressive

È ormai da più di un mese che, dopo aver aperto la schermata di Netflix, sotto la voce “Irene, continua a guardare”, trovo solo serie animate. Credo che la fissa mi sia presa dopo aver visto Strappare lungo i bordi di Zerocalcare, serie che ha (a mio parere, giustamente) avuto un successo enorme e che, oltre ad avermi fatto stare male per giorni, mi ha anche fatto venir voglia di iniziare ad addentrarmi nel mondo delle serie d’animazione, che fino a questo momento era rimasto un territorio abbastanza inesplorato (fatta eccezione per Bojack Horseman, altra serie distruttiva che ho divorato qualche anno fa).

Il risultato di questa mia ricerca sono stati diversi prodotti, totalmente diversi (sotto il punto di vista dello stile e delle tematiche) dalla serie di Zerocalcare e totalmente diversi anche tra di loro, che mi hanno però risucchiata a tal punto che in questo periodo non riesco più a guardare serie che non siano animate, soprattutto perché le potenzialità espressive offerte dall’animazione sono pressoché illimitate e sono per questo in grado di portarti ovunque.

Tra le varie cose che ho visto, sono tre quelle che più di tutte mi hanno coinvolta con stupore e passione: Final Space, She-Ra and the Princesses of Power e The Midnight Gospel.

Final Space

Final Space è una serie comica e fantascientifica uscita nel 2018, ideata da Olan Rogers e David Sacks, composta da tre stagioni (poco prima dell’uscita della terza stagione ne è stata, purtroppo, annunciata la cancellazione, ed è quindi conclusa). Nei vari episodi, vengono narrate le vicende di Gary Goodspeed, un astronauta inizialmente imprigionato, in compagnia di robot, a bordo della nave spaziale Galaxy One, dove avrà l’occasione di fare conoscenza con un alieno (tenerissimo) di nome Mooncake, che lo accompagnerà successivamente nelle sue varie avventure, con lo scopo di salvare l’intero universo e scoprire i misteri dello Spazio Finale. In questo caso, lo spazio non fa solo da cornice alle vicissitudini dei personaggi, ma è assolutamente protagonista della storia, e crea in ogni episodio i presupposti per mettere in scena situazioni surreali che fanno riflettere e portano a domandarsi che cosa sia davvero reale e cosa no.

Nella seconda stagione in particolare la tematica delle dimensioni alternative e dei salti temporali è molto presente (in un episodio per esempio troviamo degli enormi vermi che possono far viaggiare avanti o indietro nel tempo chiunque venga da loro ingurgitato), e il tutto viene affrontato, a mio parere, in un modo mai banale e scontato, che cattura quindi l’attenzione. Oltre alla parte comica (che ho trovato ogni tanto troppo demenziale, quindi non sempre efficace, ma che mi ha comunque fatto sbellicare dalle risate in diversi momenti), uno dei punti forti della serie è secondo me l’inaspettato tratto drammatico che assume più volte nel corso della storia, accompagnato da una colonna sonora che in momenti di questo tipo dà il meglio di sé, e che riesce così nell’intento di lasciarti in una valle di lacrime (o almeno, con me ci è riuscita).

She-Ra and the Princesses of Power

Altra serie di cui non posso non parlare è She-Ra and the Princesses of Power, che è sicuramente quella che mi ha emozionalmente coinvolto più di tutte le altre. Ideata da Noelle Stevenson, uscita nel 2018 e composta da cinque stagioni, è un reboot di una serie degli anni ’80, She-Ra, la principessa del potere (spin-off di He-man e i dominatori dell’universo). Le vicende sono ambientate su Etheria, pianeta dove si trovano diverse principesse (ognuna con un potere diverso), delle quali fa parte anche Adora, che scopre presto di potersi trasformare in She-Ra, principessa del potere. Da quel momento, tutta la storia è incentrata sul conflitto tra la ribellione (formata dall’alleanza delle principesse) e l’Orda, della quale faceva parte anche Adora prima di scoprirne gli intenti malvagi. La magia e la componente fantasy in generale sono sempre presenti all’interno della serie, anche se il vero punto di forza sono i personaggi (che possiamo considerare tutti di pari importanza nella narrazione) e il modo in cui essi si relazionano.

Ogni personaggio che viene mostrato è fortemente caratterizzato e si evolve significativamente nel corso delle cinque stagioni, e ciò ci porta ad empatizzare anche con chi sta dalla parte dei “cattivi”. L’intenso legame che c’è tra i vari personaggi non è mai scontato o superficiale, ma porta ad una profonda riflessione sull’amicizia, l’affetto, la connessione con le altre persone e l’amore in generale. Nota assolutamente positiva di tutta la serie è l’abbattimento degli stereotipi: Etheria è un mondo super queer, dove troviamo una libertà totale per quanto riguarda l’aspetto della sessualità, e dove ogni stereotipo di genere viene superato.

The Midnight Gospel

Ultima serie animata che mi ha esaltato a livelli altissimi è The Midnight Gospel, uscita nel 2020 e creata da Pendleton Ward (ideatore anche di Adventure Time) e Duncan Trussell. I dialoghi dell’intera serie sono ripresi da interviste che troviamo nel podcast ideato da uno dei creatori della serie, The Duncan Trussell Family Hour. Il protagonista delle storie è Clancy, che grazie ad un simulatore di mondi che tiene in casa, visita in ogni episodio un nuovo pianeta, facendo conoscenza con personaggi che intervista per il suo podcast spaziale (spacecast). Il risultato è veramente surreale: ogni puntata affronta un tema diverso, arrivando a fare profonde riflessioni su argomenti come la morte, la spiritualità, le droghe, il senso della vita, la meditazione. Il tutto è accompagnato da un’animazione che la maggior parte delle volte non ha assolutamente una correlazione con i dialoghi, con immagini spesso psichedeliche e apparentemente prive di logica. Nel primo episodio per esempio Clancy si trova catapultato in un mondo in piena apocalisse zombie, in compagnia del Presidente degli Stati Uniti (che non è altro che il dr. Drew Pinsky, intervistato nel podcast di Duncan Trussell), con il quale il protagonista si trova pacatamente a disquisire sulle droghe e la dipendenza mentre combattono in maniera forsennata gli zombie.

Ciò che penso valga la pena menzionare è lo stato in cui si guarda la serie: per quanto mi riguarda, ho visto la maggior parte degli episodi in uno stato alterato di coscienza, e ciò ha modificato profondamente la percezione di quello che stavo guardando. Non essere del tutto lucida mi ha fatto immergere totalmente in quello che ho visto e sentito; senza stare ad interrogarmi sul senso logico di quello che veniva mostrato, ho potuto pensare agli argomenti che venivano trattati in un modo del tutto diverso rispetto al solito, facendomi nel frattempo viaggi assurdi grazie alle immagini letteralmente stupefacenti.

Tutte le serie che ho citato si trovano ovviamente nel catalogo di Netflix, che personalmente continuerò a spulciare in cerca di qualche altro prodotto che mi faccia rimanere stupefatta e che mi trascini sempre di più alla scoperta del mondo incredibile delle serie animate.

 

Irene Bechi

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